
L’esperienza utente assicurata dall’interfaccia uomo-macchina è diventata fondamentale nella percezione della qualità. Questa tendenza emerge nettamente nell’edizione 2025 dello U.S. Initial Quality Study (IQS) di J.D. Power. Si tratta di un’analisi ormai consolidata – giunta alla sua 39esima edizione – condotta negli Stati Uniti su un campione di 92.694 acquirenti e locatari di veicoli nuovi, contattati dopo 90 giorni di utilizzo. Lo studio J.D. Power “certifica” che gli utenti sono sempre più studi dei comandi touch presenti sugli schermi XXL delle auto.
L’indagine 2025 fotografa un leggero miglioramento rispetto all’anno precedente, con una media che scende da 194 a 192 problemi ogni 100 veicoli (PP100). Tuttavia, a fronte di un progresso complessivo, continua ad acuirsi il malcontento dei clienti nei confronti dei sistemi multimediali di bordo. Ancora una volta, infatti, il sistema multimediale si conferma la categoria più problematica, con un dato medio di 42,6 PP100.

A innescare la maggior parte delle segnalazioni sono gli ormai onnipresenti touchscreen. Sempre più ampi e sofisticati dal punto di vista estetico, questi display finiscono per complicare la vita dell’automobilista, rendendo complesse le operazioni più semplici come la regolazione del “clima”.
Queste operazioni basilari si sono trasformate in percorsi digitali frammentati, fatti di schermate e sottomenù. Una complessità che non tutti gli utenti sono disposti a tollerare. Alcuni costruttori stanno iniziando a fare marcia indietro, reintroducendo controlli fisici per le funzioni essenziali, nel tentativo di ridurre la distrazione alla guida e ristabilire un’interazione più intuitiva.
Guardando alla classifica generale, Lexus ottiene il miglior risultato tra i marchi premium con un punteggio di 166 PP100. Sul fronte dei costruttori generalisti, è Nissan a guadagnarsi il primato, con 169 PP100, seguita da Hyundai (173) e Chevrolet (178). Interessante il dato relativo ai veicoli elettrificati: per la prima volta, le plug-in hybrid registrano una media di 237 problemi ogni 100 veicoli, superando le auto elettriche pure (BEV), ferme a 212 PP100. A risultare più affidabili, invece, sono i modelli con motore termico tradizionale (184 PP100) e gli ibridi classici (196 PP100). Il modello con meno problemi in assoluto è la Porsche 911, con appena 116 PP100.
Uno degli aspetti più delicati riguarda i modelli introdotti per la prima volta sul mercato. Le vetture lanciate nel 2025presentano infatti il tasso più elevato di criticità – 203 PP100 – da quando, nel 2020, lo studio ha aggiornato i propri criteri di valutazione. Un dato che evidenzia come l’introduzione di nuove piattaforme e tecnologie richieda non solo ulteriore rodaggio tecnico, ma anche un periodo di adattamento da parte degli utenti.
Lo studio dà risalto ai costruttori più virtuosi: General Motors si distingue ottenendo cinque riconoscimenti di segmento, seguita da Ford con quattro e Honda con tre.
Lo studio J.D. Power si basa su un sistema di rilevazione che unisce in modo rigoroso l’esperienza soggettiva degli utenti ai dati oggettivi di officina. Da un lato, vengono analizzate le risposte a un dettagliato questionario composto da 227 domande – il cosiddetto VOC, Voice of the Customer – somministrato a chi ha acquistato o noleggiato un veicolo nuovo. Dall’altro, questi risultati vengono incrociati con i dati di riparazione effettivi segnalati dalle reti di assistenza ufficiali. L’analisi copre dieci aree principali: dai sistemi di infotainment ai comandi e display, passando per esterni, interni, sedili, motorizzazione, comportamento su strada, climatizzazione e assistenza alla guida, fino a una categoria specifica dedicata esclusivamente a difetti o malfunzionamenti tecnici. Un approccio integrato che consente di fotografare con precisione i punti di forza e debolezza dei modelli appena immessi sul mercato.
La ragione dietro la crescente frustrazione degli automobilisti per i sistemi multimediali va cercata in una tendenza più ampia dell’industria: la trasformazione del sistema multimediale in un vero e proprio centro di comando centralizzato. Un tempo, molte funzioni di bordo erano affidate a comandi fisici, distribuiti tra cruscotto e tunnel centrale. Oggi, invece, quegli stessi controlli – dai fari all’apertura del vano portaoggetti– stanno progressivamente migrando all’interno dei menu dei touchscreen di bordo.
Le case automobilistiche giustificano questa scelta come un modo per alleggerire visivamente la plancia e rendere l’abitacolo più pulito e minimalista. Lo spazio liberato dai tasti fisici, tuttavia, è spesso impiegato per altri schermi. Un cambio di direzione, più che un vero progresso. In compenso, questa pulizia formale è stata apprezzata da molti clienti, specialmente nel mercato nordamericano, da sempre sensibile alle mode legate al design “tech” e all’organizzazione degli spazi interni.
C’è anche una ragione economica dietro questa migrazione verso il digitale. Per i costruttori, consolidare i comandi in un’interfaccia software può risultare molto più conveniente che sviluppare, testare, produrre e mantenere in linea una moltitudine di componenti fisici. Certo, un sistema multimediale completo può avere un costo superiore rispetto a un semplice interruttore. Ma quando gli interruttori diventano cinque, dieci o cinquanta, il bilancio cambia rapidamente. L’elettronica, insomma, consente economie di scala difficili da raggiungere con i comandi fisici tradizionali, soprattutto nelle auto dotate di molte funzioni opzionali.
Il risultato, però, è un’interazione spesso più lenta, meno intuitiva e in alcuni casi addirittura pericolosa alla guida.
Infine, le Case automobilistiche, in modo più o meno subdolo, utilizzano lo schermo come un nuovo canale attraverso il quale vendono qualcosa all’automobilista. Nuove funzioni? Piani di manutenzione? Servizi in abbonamento? Tutte cose che sarebbero difficile da vendere attraverso un semplice comando fisico.
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