Testo di Mattia Eccheli
A poco più di sei mesi di distanza dall’annuncio della start up tedesca quotata al Nasdaq come Sono Group di chiudere il progetto per la produzione dell’auto a pannelli solari, la Sion da 4,5 metri di lunghezza, è rimbalzata dalla Danimarca una notizia analoga da parte della società fondata e amministrata da Lex Hoefsloot.
A pagare il conto sono investitori e lavoratori: in Germania era stata data per certa la perdita del posto per 300 dei 400 addetti poiché il progetto automobilistico drenava il 90% delle risorse disponibili. La Sion, più volte rivista, era accreditata di una percorrenza fotovoltaica fino a 112 km alla settimana che avrebbero integrato l’autonomia garantita dalla batteria. Non era il “moto perpetuo” a zero emissioni, ma era comunque un impegno sul fronte della riduzione delle emissioni e di una mobilità più sostenibile. La Sono Motors aveva fatto sapere di aver raccolto 45.000 ordini per la Sion, che aveva peraltro già superato il primo ciclo di crash test: “I pannelli solari – informava una nota del 7 febbraio – si comportano come previsto: nessuna scheggia e quindi nessun rischio aggiuntivo per i passeggeri e gli altri utenti della strada”.
La società aveva lamentato lo scarso supporto ottenuto dal libero stato di Baviera, il Land più ricco della Germania, dove hanno il proprio quartier generale costruttori come Audi e Bmw, ricordando i brevetti proprietari per i sistemi fotovoltaici, che hanno invece beneficiato di finanziamenti comunitari.
Anche il progetto della Lightyear da 5,1 metri di lunghezza aveva riscosso interesse, perché la serie limitata della “0” che avrebbe dovuto venire prodotta in 946 esemplari (dal numero in migliaia di miliardi di chilometri che la luce copre in un anno) era accreditata di una percorrenza fino a 70 km al giorno. Il prezzo di questa auto a pannelli solari era di 250.000 euro e la produzione era cominciata a fine novembre presso il sito della Valmet, in Finlandia.
Non è chiaro quanti modelli siano realmente usciti dalle linee di assemblaggio perché nel giro di meno di due mesi la Lightyear aveva fatto sapere di aver sospeso la fabbricazione. Che non è più ripartita perché la società si voleva concentrare sulla più accessibile e compatta Lightyear 2, per la quale aveva raccolto 21.000 prenotazioni, 10.000 delle quali dalla Arval. La notizia di qualche giorno fa è la rinuncia della Lightyear anche allo sviluppo e alla produzione dell’annunciato modello più economico per concentrarsi sulla fornitura di componenti ad altri costruttori.
La “visione fotovoltaica” ha suscitato curiosità e anche parecchia attenzione, ma non ha sfondato. Non ancora. E non in Europa. È indubbiamente necessario affinare la tecnologia per aumentare il tasso di efficienza dei sistemi solari, ma è probabilmente anche indispensabile che le autorità pubbliche continentali, disperatamente alla ricerca di modi per migliorare la qualità dell’aria nelle città e di fonti alternative per alleggerire la dipendenza dai paesi produttori di petrolio, gas e materie prime per la produzione di batterie e microprocessori, investano sul futuro.
In Cina, che ha agito con lungimiranza assicurandosi prima le risorse e imponendo solo poi la svolta elettrica, la ricerche e i progetti sulle auto a pannelli solari vanno avanti.
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Il Direttore di ACI Radio Pierluigi Bonora fa il punto sul fatto più rilevante della giornata offrendo spunti di riflessione per una corretta informazione.
