Testo di Federico Lanfranchi, fotografie Luca Danilo Orsi
Quando mi è stato chiesto un pezzo su una roadster inglese, dopo qualche ragionamento la mia scelta è caduta su un marchio storico: MG. La sigla è l’acronimo di Morris Garage che, negli anni 20, era il concessionario del marchio Morris Motor Ltd a Oxford. Nel 1924, poi, ecco l’idea dell’allora general manager Cecil Kimber: costruire spider su telai Morris, opportunamente modificati.
Da allora l’azienda cominciò la sua epopea e si fece conoscere per auto sportive, molto leggere e senza tetto. Dopo il rimpallo di proprietà fra British Motor Corporation prima e British Leyland dopo, dal 1981 al 2005 MG ha rappresentato la declinazione sportiva di Austin Rover (nel frattempo assorbita da Bmw), rimanendo brit allo stesso modo.
A quel punto dovevo solo da scegliere tra la MG F, prodotta tra il 1995 e il 2002, e la sua evoluzione TF, costruita fino al 2005. Scelta facile, visto che un caro amico ha una TF, peraltro una serie limitata che, inoltre, rappresenta il canto del cigno di MG, una tributo a ciò che il marchio ha significato.
La malinconia dei toni è dovuta al fatto che nell’aprile del 2005, mentre molte TF erano ancora sulla catena di montaggio a Longbridge (e lì rimasero per anni, incomplete), il produttore inglese fallì. Oggi, MG si concentra sulla produzione di suv, soprattutto elettriche: l’antitesi delle spider leggere e sportive. Anche se è in arrivo la roadster Cyberster elettrica, che dovrebbe essere commercializzata nel breve.
Ma torniamo agli anni 90, precisamente al 1995, quando la MG F segnò il ritorno alla produzione di sportive a due posti, che il marchio inglese aveva lasciato vacante con la chiusura dello stabilimento di Abingdon nel 1980. Venne pensata con un design innovativo e, nonostante il budget risicatissimo, i risultati ribaltarono i pronostici: il modello superò di slancio le 115.000 unità prodotte.
Finalmente è giunta l’ora di incrociare gli sguardi: la MG TF è bella come allora, nella livrea Goodwood Green e acquattata sulle ruote da 16’’. Grazie al sapiente intervento di Peter Stevens, il suo stile appare più armonioso rispetto alla F: l’adolescente è sbocciata e si è trasformata in una bella ragazza. Il muso è rimasto bombato, ma non più tondeggiante come sulla prima serie, che la faceva apparire un po’ troppo giapponese.
Continuo a passeggiarle intorno e arrivo al posteriore, che mi ha sempre convinto meno; ma col passare del tempo devo dire che si lascia guardare nonostante la sua opulenza. Apro la portiera e mi accomodo, non senza qualche difficoltà: il sedile è un po’ alto e non regolabile in altezza. Così, se si è un filo più lunghi della media, la torsione del collo dovrà essere più accentuata del solito, pena picchiare la testa sul montante.
Altra pecca è il volante regolabile in altezza, non in profondità, che costringe a guidare un po’ rannicchiati e con le ginocchia che a volte accarezzano il piantone. L’aria che si respira a bordo è old british style, in virtù della combo radica/pelle color crema. Non resisto più, devo guidarla: il rumore del motore è cupo e sportivo. Nonostante il meteo, apro la capote (manuale) e il rombo si fa più invadente e coinvolgente; il mio piede destro sembra quasi essere mosso da un tic e dare i classici colpetti di gas per sentir cantare il quattro cilindri.
Averlo dietro alle orecchie aiuta a riconoscere anche i toni dell’aspirazione dal sapore vagamente racing. Metto la prima, che entra con una certa resistenza nell’innesto, e parto. Rispetto alla MG F, la TF ha un telaio più rigido del 20% e sospensioni convenzionali (senza il raffinato e delicato sistema idraulico Hydragas della progenitrice).
Scaldo il motore e prendo confidenza coi comandi, perché propulsore centrale, 160 cv senza controlli sulle ruote posteriori e asfalto bagnato sono un mix potenzialmente pericoloso. Affondo il gas sul primo rettilineo: il motore spinge bene fino a 3000 giri e poi sbam!, la sua voce cambia tono e urla fino alla zona rossa, a 7000 giri.
Lo sai che questo è il 1800 che muove le varie Lotus Elise, Ariel Atom e Caterham? L’erogazione cattiva è figlia del sistema Vvc, che varia i tempi di apertura delle valvole d’aspirazione. Intravedo una serie di curve, mi attacco ai freni, scalo un paio di marce con la doppietta e inserisco la TF in una S che per fortuna ormai è asciutta: una macchina così mette il buon umore a chi ama tenere giù il piede. Lei non si scompone e segue le mie istruzioni, sovrasterzando solo quando si esagera, in modo comunque intuitivo.
Lo sterzo è diretto come quello di un kart, tanto che l’avantreno tende a seguire le varie asperità del terreno e impone di guidare con mani ben ferme sul volante. Dopo una ventina di chilometri di curve trovo una rotonda e inverto la mia rotta per riportare la macchina al punto di partenza.
Mentre la rimetto in garage, il proprietario mi confessa che è innamorato delle spider inglesi fin dalla giovane età; tale passione ha voluto condividerla anche con la moglie, alla quale ha deciso di regalare questo esemplare di TF numero 443 su 1600 prodotti, voluto in livrea Goodwood Green per celebrare gli 80 anni del marchio MG.
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