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BMW 3.0 CSI, davvero un bel profilo

di Redazione - 17/11/2024

BMW 3.0 CSI, davvero un bel profilo

Testo di Federico Lanfranchi, fotografie Luca Danilo Orsi

Nella livrea bianca con righe rosse e blu ha fatto sognare e godere gli appassionati di motorsport di mezzo mondo negli anni 70. Di sicuro anche tu almeno una foto di quella vettura strana, con pinne e alettone, l’hai vista: viene chiamata Batmobile, non perché sia mai stata guidata dal noto supereroe, ma piuttosto perché ricorda le linee di un pipistrello.

BMW 3.0 CSI, davvero un bel profilo

E di quell’auto da corsa esiste anche una homologation special, prodotta in una manciata di esemplari (167 per l’esattezza) giusto per essere ammessa alle corse, ma sto parlando di un unicorno chiamato Bmw 3.0 C. La macchina che vedi in queste foto, invece, è la versione “civile” di quella tutta alettoni e spoiler di cui ti ho appena accennato. La serie è la stessa, la E9, prodotta da Bmw fra il 1968 e il 1976, ma cambia l’ultima lettera del suo nome: ti parlerò, infatti, della 3.0 Csi.

BMW 3.0 CSI, tutta colpa di una lettera

Metti una “i” al posto di una “l” e cambia il mondo; partiamo dalla spiegazione della sigla: Cs sta per Coupé Sport, mentre la “l” del suddetto unicorno sta per leicht (leggera). Sulla nostra macchina, invece, abbiamo una semplice “i”, che significa iniezione e ovviamente si allude all’alimentazione del propulsore. Il sei cilindri in linea che scalpita sotto al cofano ha una cilindrata di 2986 cm3 ed è proprio grazie all’utilizzo di una primordiale iniezione elettronica Bosch che eroga la bellezza di 200 cv, che nel 1971 erano tanta roba.

Giusto per darti l’idea di cosa sto dicendo, un’Alfa Romeo Giulia 2000 GT Veloce di cavalli ne aveva 150, mentre la più sportiva delle Porsche 911 all’epoca fermava l’asticella a 190. Anche il prezzo di listino era in linea con vetture sportive blasonate: per mettersi una Csi in box ci volevano 5.700.000 lire, la stessa cifra della citata Porsche 911 S. Forse è anche per questo che, in 5 anni di produzione, di 3.0 Csi ne son state costruite solo 8412.

Questa è un’altra storia

Quella immortalata in queste foto è oggi di proprietà di Andrea e la sua storia è particolare; il libretto di circolazione riporta come primo intestatario la storica azienda di famiglia e, più precisamente, fu lo zio a volere fortemente questa macchina appena fece apparizione nelle vetrine dei concessionari. Da nuova, questa Bmw è stata utilizzata soprattutto come vettura di rappresentanza e di lavoro, quindi, il suo utilizzo era molto frequente per l’andirivieni dalla Germania e su e giù dall’Italia a far visita alle sedi dislocate qua e là sul territorio nazionale.

Andrea all’epoca era un bambino, ma già era stato contagiato dal virus motoristico: “Quando andavo a giocare dai miei cugini, sbavavo a guardare la macchina dello zio”, mi ha confessato, “e passavo più tempo in abitacolo a far finta di guidarla, piuttosto che a tirare quattro calci a un pallone con i miei coetanei”.

La voglia di Andrea di sentire cantare quel motore era fortissima e non perdeva l’occasione di fare un giro con lo zio sulla sua 3.0 Csi: era meglio che andare al luna park, insomma. Proprio quel motore è una delle particolarità di questo esemplare, perché lo zio di Andrea lo fece rivedere da uno che di motori Bmw ne ha fatti correre e vincere parecchi: Romeo Ferraris, noto preparatore dell’area milanese.

“Ricordo perfettamente che mio zio mi disse che la macchina sarebbe andata via per qualche giorno, perché l’avrebbe fatta elaborare dall’amico Romeo per farla andare ancora più forte”, ci ha confidato Andrea e ci ha anche detto che in quell’occasione è stato rivisto l’assetto, troppo ballerino per l’esuberanza meccanica della Csi. Quell’elaborazione l’ha resa ancora più speciale agli occhi di un bambino e la richiesta “Quando la cambi me la vendi, zio?” si fece sempre più insistente.

BMW 3.0 CSI, tempo al tempo

Passano gli anni, la famiglia si allarga e lo zio è costretto a cambiare auto e a prenderne una più grande. La Csi viene parcheggiata e usata sempre meno, fino al fatidico giorno della vendita a un amico, che in quel momento aveva bisogno di una macchina. Andrea, che all’epoca era adolescente, è stato tenuto all’oscuro di questa decisione e, appena venuto a conoscenza del fattaccio, è rimasto dispiaciuto al pensiero di non poter più vedere la “sua” amata Csi.

Due anni fa, però, succede l’inaspettato; passeggiando per Milano, Andrea incontra l’amico dello zio e, dopo anni, la prima domanda è : “Ma la Bmw che fine ha fatto?”. Sorpreso, l’amico confida ad Andrea che è ancora in suo possesso ed è ferma in garage da anni, poiché gli acciacchi della sua età avanzata gli impediscono di usarla. “Perché Andrea? La vuoi?”, gli chiede. Secondo te la risposta quale è stata?

Si torna in “pista”

Dopo un tagliando importante e dopo aver sistemato qualche magagna, eccola qui la splendida Bmw cinquantenne, in bella mostra per essere fotografata. Ti confesso che capisco molto bene Andrea, perché vengo in qualche maniera rapito anche io da questa macchina. È un esemplare conservato, con interno originale e una splendida patina. A un primo sguardo, rapisce anche me per il suo design, con quel muso appuntito e quei quattro fari tondi che sbucano come bocche di cannone dal fianco di un galeone, opera di Giovanni Michelotti.

Le sue linee tese e pulite la rendono sì sportiva, ma anche sobria ed elegante allo stesso tempo: son sicuro che una 3.0 Csi non sfigurerebbe parcheggiata davanti a un ristorante raffinato o a un teatro; guarda la parte posteriore poi, caratterizzata da tagli spigolosi e da due piccoli fari sottili: non le danno un’aria dannatamente crucca?

Osservala di lato e ti colpiscono i vetri molto ampi e senza montante centrale, con l’immancabile “gomito di Hofmeister”: se ci fai caso, la parte finale dei cristalli posteriori delle coupé Bmw, ha una curva a gomito, interpretazione del designer Hofmeister per coprire quella parte strutturale che permette di eliminare il montante centrale e avere una vetratura senza soluzione di continuità.

BMW 3.0 CSI, splendidamente sportiva

All’interno, questo si traduce in un ambiente molto luminoso e assolutamente non claustrofobico: non dimenticarti che questa è una coupé con più di 50 anni e con velleità sportive, non una berlinona. Mi accomodo al posto di guida e non vedo l’ora di girare la chiave per sentire il canto del motore made in Monaco: qualche “colpo di tosse” e i sei cilindri iniziano a fare il loro dovere.

Rimango un po’ a bocca asciutta, perché pensavo che un motore elaborato da Ferraris facesse più baccano, ma in realtà lo scarico è rimasto quello di serie e la 3.0 Csi tiene ben nascoste le sue carte segrete. Metto la prima delle 4 marce disponibili e comincio a muovermi; la frizione idraulica è molto leggera e inizio il mio test sulle strade che costeggiano il Lago Maggiore, che purtroppo sono bagnate da una pioggerella autunnale.

Non esagero col gas, sia perché il motore è freddo sia perché pioggia e trazione posteriore anni 70 non vanno molto d’accordo. Si presenta davanti a me un rettilineo abbastanza lungo e totalmente sgombro: quale migliore occasione per provare l’allungo di questa 3.0 Csi? Il motore tira deciso fino a 5000 giri e urla sempre più forte fino al limitatore, che taglia poco prima dei 6500 giri. Il cambio reagisce pronto ai miei comandi, ma l’innesto delle marce è sempre un po’ “gommoso”, un effetto che allora come oggi rappresenta una sorta di marchio di fabbrica.

Non faccio a fatica a credere che lo scatto da 0 a 100 km/h sia coperto in poco più di 7 secondi, perché questo 3 litri mi sembra davvero esuberante. L’assetto rivisto dal preparatore milanese ora avrebbe bisogno di qualche cura, poiché sui dossi la macchina pare essere un po’ troppo morbida, anche se poi su strada il suo comportamento è davvero divertente, con uno sterzo reattivo che asseconda ogni mia volontà.

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