Già, si dovrà ancora attendere un po’ per il debutto dinamico della Aston Martin Vanquish, straordinaria V12 destinata a una produzione non superiore a mille esemplari all’anno (di cui solo trecento per l’Europa). Propulsore 5.2 biturbo da 835 cavalli e 1000 Nm (!), cambio ZF a otto rapporti con il primo differenziale elettronico del modello, ammortizzatori Bilstein Dtx, cerchi da 21” e 345 iperbolici km/h di velocità massima: così si sigilla un patto di fascino che appare intriso della tradizione del motorismo britannico, eppure assolutamente moderno.
Al momento abbiamo potuto osservare quest’inaudita coupé solo in stato di quiete, meravigliosamente allungata nella sua scocca più rigida del 75%, ma… l’abbiamo incontrata in Italia! Ecco perché ha sortito l’effetto di un antipasto dei più stuzzicanti. Difficile assaporare un gusto paragonabile, a meno di assaggiare le hypercar Lamborghini o Ferrari. Facilissimo ritrovarsi con tanta acquolina in bocca.
Il desiderio esplode sugli splendidi riflessi della nuova impostazione stilistica, con un trattamento delle superfici riconcepito, il montante del parabrezza arretrato di otto centimetri, le uscite d’aria pronte a scavare nei parafanghi con classica ferocia e l’inedito tetto in cristallo intento a fluire rastremato verso una coda-capolavoro.
E proprio quest’ultima, secondo gli stessi designer, si rivela l’autentica calamita degli sguardi. Anzitutto, è disegnata intorno a uno scudo centrale inscritto nella classica forma sagomata del posteriore Aston Martin, quasi speculare alla calandra. Poi, ai minimali gruppi ottici lamellari fanno contrappunto pantagruelici scarichi in acciaio inox sostituibili, a richiesta, anche da un impianto interamente in titanio (tagliando 10,5 kg di peso). Occorre aggiungere altro?
Nell’attesa di apprezzare l’eccezionalità della Vanquish, sui percorsi tortuosi delle Langhe abbiamo testato la sempre adrenalinica raffinatezza delle sorelle. In particolare, la Vantage si dimostra subito una vera, sanguigna coupé a motore anteriore, ovvero un’auto di estrema godibilità, dai pesi distribuiti 50:50, possente nell’erogazione al punto da consigliare morigeratezza su asfalto umido (se non si vuole destare l’elettronica), ma al contempo rassicurante e piacevole quando non si esagera.
Il V8 4.0 biturbo si produce in 665 cavalli e 800 Nm in assenza di qualunque accenno di turbo lag, per schizzare virtualmente a 100 km/h in 3,4 secondi e raggiungere i 325 km/h, eppure le prestazioni rimangono forse una pennellata dell’intero quadro. Colpisce di più la possibilità di modificare le diverse modalità di guida (Wet, Sport, Sport+ e la Track priva di controlli) secondo una partitura unica e complessa, anche semplicemente punteggiando la marcia con sprazzi di maggior rumorosità dello scarico, da attivare senza incidere sul resto.
Così ci si ritaglia un’esperienza personale che, come gli ingegneri tengono molto a sottolineare, rimane in ogni caso armonica: un risultato interessante e complicato da costruire, perché spinto molto oltre la semplice miscela individuale delle configurazioni base.
Quando invece ci si accomoda sulla Dbx, qui denominata 707 come i cavalli che il quattro litri eroga insieme a 900 Nm, la sensazione muta completamente. Sul piano fisico, senza mezzi termini. Certo, la plancia parla il medesimo linguaggio della Vantage, si fregia di uno schermo non invadente (10,25 pollici) e rispetta la stessa intuitiva ergonomia, perfetta tanto per il passo tranquillo quanto per la veemenza più estrema.
Ma la seduta alta ridefinisce inevitabilmente la percezione delle proporzioni, oltre ad edulcorare l’impressione di “fondersi” con il telaio. Meglio lasciare la scena al propulsore e saggiare davvero la dinamica: nella modalità meno aggressiva (in questo caso chiamata GT) lo sterzo si fa un po’ più leggero del previsto, e manca l’ostinata capacità di “raddrizzare” le curve e controcurve tipica del baricentro rasoterra, però precisione e reattività orbitano comunque su livelli inarrivabili per qualunque ordinaria vettura “a ruote alte”.
Quanto alla risposta all’acceleratore, mediata da un fulmineo nove rapporti con frizione a bagno d’olio, ogni pungolo della caviglia diventa un’iniezione di endorfine. E se i dati ufficiali raccontano di 310 km/h di punta massima e 3,3 secondi per lo scatto, a sedurre resta il connubio fra maneggevolezza quasi da pista e versatilità pressoché familiare.
Naturalmente, ognuna di queste Aston Martin svetta nelle finiture e nella qualità generale, in linea con l’anelato riposizionamento del marchio verso l’ultralusso, cioè un segmento che unisce a prestazioni ed eleganza un ulteriore senso di esclusività, più profondo rispetto a quanto perseguito finora. Di sicuro, chi dispone di qualche spicciolo non ancora investito (i prezzi partono da 212.992 euro per la Vantage e 266.303 per la DBX) potrebbe improvvisamente ricevere un’illuminazione. Noi, nel frattempo, aspettiamo la prova della 12 cilindri…
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