Il motore a combustione interna, una delle invenzioni più significative della storia, si basa sul principio del ciclo Otto per la sua operatività. Questo ciclo, così chiamato in onore dell’ingegnere tedesco Nikolaus August Otto che lo brevettò nel 1876, illustra le fasi che permettono a un motore a benzina di convertire l’energia chimica contenuta nel carburante in energia meccanica utilizzabile per la propulsione di un veicolo.
Il ciclo Otto descritto sopra rappresenta un modello ideale, in cui le fasi adiabatiche avvengono senza scambio di calore con l’ambiente esterno e le fasi a volume costante (scoppio e scarico) avvengono istantaneamente. Nella realtà, il ciclo Otto “reale” si discosta da quello ideale a causa di diversi fattori:
Queste differenze tra il ciclo ideale e quello reale comportano una riduzione del rendimento termodinamico del motore, ovvero la percentuale di energia chimica convertita in lavoro utile.
Il rendimento del ciclo Otto è influenzato principalmente dal rapporto di compressione (ϱ), definito come il rapporto tra il volume massimo (v1) e il volume minimo (v2) del cilindro durante il ciclo. Un rapporto di compressione più elevato consente di estrarre una maggiore quantità di energia dalla combustione, aumentando il rendimento del ciclo.
Tuttavia, nei motori a benzina, il rapporto di compressione è limitato dal fenomeno della detonazione, ovvero l’autoaccensione incontrollata della miscela aria-benzina prima dello scoppio programmato dalla candela. La detonazione può causare danni al motore, riducendone l’affidabilità e la durata.
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