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Trellini,”R4 – Da Billancourt a via Caetani”: l’auto che racconta il 900

di Redazione - 26/04/2025

Testo di Paolo Sormani

Nello sterminato calendario di eventi, presentazioni e occasioni assortite della Milano Design Week 2025, è stato particolarmente interessante l’incontro letterario che si è svolto al nuovo showroom RNLT@Milano di corso Garibaldi, nel quartiere di Brera. Sabato 12 aprile Pietro Trellini ha parlato del suo libro “R4 – Da Billancourt a via Caetani”. Lo accompagnava il critico letterario Antonio D’Orrico, che per l’autore ha coniato il termine stilistico “Trellinismo”. “R4” racconta l’auto come ultima mitologia, come ossessione del XX secolo.

L’autore

Trellini è uno scrittore, giornalista e autore televisivo, che con il suo libro “La partita. Il romanzo di Italia-Brasile”, pubblicato nel 2019 per Mondadori, ha ottenuto fra gli altri il premio Bancarella Sport. *“R4” è stato presentato al Premio Strega 2024 e, ancora una volta D’Orrico l’ha decorato con la “medaglia d’oro al valor romanzesco”.

Un romanzo, non un’ode all’utilitaria

Mai giudicare il libro dalla copertina, ma il sottotitolo fornisce indizi molto più interessanti. Contrariamente a quanto l’appassionato può pensare, *”R4″* non è un tributo d’amore scritto da un cultore dell’utilitaria, ma una ricostruzione storica arbitraria e romanzesca del Novecento attraverso l’auto nella quale fu ritrovato il cadavere del segretario democristiano Aldo Moro.

“Di quella in particolare non si era mai parlato e mi sembrava fosse un elemento iconico. Mi sono accorto dell’anello di connessione tra la fabbrica in cui era costruita e ciò che poi è avvenuto con le Brigate Rosse”, spiega Trellini all’*Automobile*. “Sì, avevo un legame personale con la R4, così come con altre macchine, ma il libro è nato dalla storia di quella in particolare”.

E di come il brigatista Valerio Morucci la acquistò dall’imprenditore marchigiano Fillippo Bartoli perché era una vettura da lavoro, con la praticità del portellone posteriore.

Un’immagine nella storia: la Renault rossa in via Caetani

“Troveranno il corpo dell’onorevole Aldo Moro in via Caetani (…) Lì c’è una Renault 4 rossa”*: con queste parole dettate al telefono il 9 maggio del 1978, quella R4 in versione Export divenne la scena tragica del ritrovamento di Moro, colto da Gianni Giansanti in quella che è considerata una delle cento immagini più importanti della storia della fotografia.

Un viaggio simbolico da Billancourt a Roma

In quella strada di Roma, la R4 era arrivata al termine di uno strano viaggio partito dalla catena di montaggio di Billancourt, passando attraverso le lotte operaie prima francesi e poi italiane a Mirafiori e Arese, fino all’esasperazione del conflitto sociale che sarebbe sfociato nella lotta armata.

Questa concatenazione di storie considera l’elemento auto per raccontare coincidenze incredibilmente funzionali, in un’architettura che sembra inventata, tanto è incredibile. Per esempio, l’obiettivo Aldo Moro fu scelto anche per esigenze viabilistiche. E la vera targa della R4 fatale era MC 95937. MC come Marie Chantal, il nome in codice del modello presentato al Salone di Parigi nel 1961. Le prime due cifre coincidono con la data del ritrovamento, mentre 937 è parte dell’anno di nascita del primo proprietario…

Le auto del popolo non esistono più

Non sveliamo altro del libro a chi non ha ancora avuto il piacere di leggerlo. Resta la sensazione che, in assenza di quelle “auto del popolo” trasversali, oggi sia molto più difficile raccontare il presente attraverso l’automobile.

“Tutto quello che c’è oggi ha storie molto più accelerate e meno fascinose, rispetto alle fasi pionieristiche, ai tempi lunghi, alle traversìe e ai contesti avventurosi da attraversare e superare”, spiega Trellini.

“Per esempio, la maggior parte delle persone che hanno fatto nascere queste utilitarie sono finite abbastanza male, Louis Renault fra tutti. L’epoca dell’automobile è stata particolare, adesso le dinamiche sono differenti. Oggi basta premere un tasto per cancellare settimane di attesa e questo rende le nostre vite più comode, ma molto meno fascinose. Non c’è un tempo da attraversare, si fa tutto in un istante: con la rete, la velocità è stata conquistata e uccisa. Le storie non ci sono più. I nuovi modelli nascono e muoiono continuamente, l’auto è diventata troppo veloce anche per raccontare se stessa”.

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