Ci volevano 29 milioni e 370 mila lire per portarsi a casa la versione scoperta della “media” tedesca, disegnata dalla Carrozzeria Bertone sulla scia del successo della Kadett, sempre by Bertone e prodotta a Grugliasco in 55.000 esemplari tra l’87 e il 92. Erano altri tempi e la suggestione di “toccare il cielo con un dito” era davvero forte. Anche perché, per guardare il cielo con il naso all’insù, sulla Astra Cabrio (della serie F) bastava un dito davvero, visto che serviva solo premere il pulsante sul tunnel centrale per reclinare la capote. Meno di secondi e voilà (anche se non tutte erano equipaggiate con il comando elettrico). Certo, occorreva prima tirare il freno a mano e poi schiacciare il pulsante, perché la manovra si poteva fare solo a vettura ferma.
Una macchina, la Astra Cabrio, che è rimasta nel cuore di molti anche perché era costruita con mille piccole accortezze. Oltre alla già citata capote reclinabile elettricamente, vanno citati il lunotto in vetro e il buon (per l’epoca) equipaggiamento di sicurezza: barre anti-intrusione, pretensionatori delle cinture di sicurezza anteriori e sedili anti-scivolo, mentre abs e airbag “full-size” lato guida erano a richiesta.
La Astra Cabrio, nella versione commercializzata in Italia, era spinta da un 4 cilindri monoalbero di 1.4 litri da 82 cv (60 kW) a iniezione elettronica. Tra gli equipaggiamenti di serie c’erano servosterzo, alzacristalli elettrici anteriori e posteriori, retrovisori esterni regolabili dall’interno, sedili anteriori di tipo sportivo, sedile del guidatore regolabile in altezza, sedile posteriore frazionato ripiegabile, gusci degli specchietti in tinta con la carrozzeria e clacson bitonale. I cerchi erano da 14″ e calzavano pneumatici da 185/60.
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