Il 1974 per Giorgetto Giugiaro fu un’annata davvero eccezionale. Dopo il lancio a Ginevra della Volkswagen Scirocco, a giugno debuttò l’Alfetta GT – che subito fece breccia nel cuore degli automobilisti –, mentre luglio fu il mese della presentazione alla stampa della Golf, costata quattro anni di lavorazione senza sosta.
In quell’anno avvenne anche lo spostamento della Italdesign (nata Sirp) dalla sede di Torino in una nuova, enorme, a Moncalieri, nella periferia sud della città. Ma il 1974 fu anche il momento della prima collaborazione ufficiale con l’Oriente, nella fattispecie con la Corea del Sud e il marchio Hyundai. A fine ottobre lo stand di Giugiaro e Aldo Mantovani al Salone di Torino pullulava di giovani hostess in preziosi abiti di seta, e il brulicare di occhi a mandorla, addetti ai lavori e giornalisti era ben motivato: si stava tenendo il lancio della Pony, la prima vettura di produzione interamente sud-coreana, che nacque però con uno stile inequivocabilmente italiano.
Jeong Se-young, allora presidente del gruppo Hyundai, aveva trovato il partner ideale per i suoi progetti di espansione proprio nel giovane – ma già affermatissimo – designer piemontese. Il quale, infatti, accanto alla berlina di serie propose di sua spontanea volontà una coupé destinata a restare prototipo. Affilata, geometrica, oggi appare come una riuscita summa di tutti gli stilemi cari alla Italdesign di quegli anni: lunga 408 cm e larga 156, sviluppa ed evolve i concetti stilistici già proposti sulle concept Maserati Boomerang e Audi Asso di Picche, con linee tese, scanalature volte a indirizzare al meglio i flussi d’aria e quindi funzionali a livello aerodinamico, e ampie, amplissime superfici vetrate che non solo creano innovative geometrie sulle fiancate, ma arrivano anche a essere elemento costitutivo del tetto.
Alla nuova coupé da presentare al Salone di Torino mancava solo un nome. Sull’onda “ludica” scaturita dalla “Asso di Picche” dell’anno precedente, si optò per “Asso di Fiori”. Facendo, tuttavia, i conti senza l’oste. Già, perché i coreani presero molto sul serio il progetto e chiesero di battezzarlo Hyundai Pony Coupé, appunto, anche se le brochure per la stampa erano già pronte alla distribuzione e non ci fu tempo per rifarle. La cosa creerà in seguito non poca confusione, soprattutto quando, cinque anni dopo, la Italdesign riutilizzerà il nome “Asso di Fiori” per una concept car di Isuzu.
Al termine del Salone di Torino, dove riscosse un discreto successo, l’auto venne spedita in Corea nel quartier generale della Casa. L’incedere rapido e inesorabile della crisi petrolifera, però, fece desistere dal metterla in produzione, trasformandola in un modello in quel momento non prioritario. Di lì in poi, dell’unico esemplare esistente si persero completamente le tracce. Rimane il fatto che quella concept sia stata una pietra miliare per ambo le parti: per Giugiaro fu una delle più importanti fonti d’ispirazione della successiva DeLorean Dmc-12 – forse il suo ultimo progetto a diedri e spigoli netti, prima di tornare a ispirarsi agli studi bertoniani Canguro e Testudo nel corso degli anni 80 – e per Hyundai ha rappresentato la prima possibilità di cominciare a costruirsi una reputazione su mercati che allora non la conoscevano, sebbene il cammino sarebbe stato ancora lungo.
Gli anni sono trascorsi generosi per entrambe le forze in gioco: il nostro ha appena compiuto 85 anni, inanellando successi uno dietro l’altro, è stato eletto “Designer del Secolo” e ha continuato la fortunata collaborazione con la Casa che, dal canto suo, è diventata un marchio leader del mercato su tutto il globo. Ed è così che questi due mondi tornano, quasi 50 anni dopo, a unire le forze decidendo di ricostruire il prototipo perduto. La volontà di celebrarlo era già manifesta al lancio della concept “N Vision 74”, chiaramente e dichiaratamente ispirata all’antenata, ma il rifacimento ex novo è la più alta forma di celebrazione di questo progetto così importante.
In soli sei mesi la Gfg Style di Giorgetto Giugiaro e del figlio Fabrizio, congiuntamente ai tecnici e designer del costruttore orientale, ha ricreato la vettura nella sua interezza, partendo dai progetti originali fortunatamente salvi e dalle fotografie dell’epoca. E dando vita a un vero e proprio capolavoro retro-futuristico, capace di influenzare le auto del presente e del futuro.
Fuori, ciò che colpisce ancora adesso in maniera incredibile della Hyundai Pony Coupé ricostruita è il trattamento delle superfici avanzatissimo, con la verniciatura (magnifica) in argento opaco dei paraurti integrati nella carrozzeria. Dentro invece spicca, ora come allora, il design monoscocca della plancia sospesa, incentrata sul guidatore e di sezione semicircolare, con il caratteristico volante monorazza e i sedili bicolore. La rinata Pony Coupé si è mostrata agli occhi del mondo nel corso dell’evento “Hyundai Reunion” sul Lago di Como e al Concorso d’Eleganza di Villa d’Este, alla presenza dei vertici dell’azienda e, ovviamente, di Fabrizio e Giorgetto Giugiaro.
È stato proprio quest’ultimo a ricordare così le vicende del 1974 durante l’incontro: “All’inizio ero scettico, perché all’epoca non conoscevo i coreani. Poi siamo tutti rimasti colpiti dalla passione e dall’impegno degli ingegneri. Erano acuti, curiosi, aperti ed estremamente desiderosi di imparare”. La stessa meravigliosa passione infusa in questa inusuale avventura dal team di Gfg Style: il Centro Stile, che normalmente si ritrova a realizzare prodotti nuovi di zecca e orientati al futuro, ha messo a disposizione risorse e tecnologie d’avanguardia per ricreare un oggetto di mezzo secolo prima, contando anche sulla presenza di un telaio originale su cui è stato possibile basare il lavoro. Un vero e proprio viaggio nel tempo, che ha riportato nella contemporaneità una vettura inghiottita dalla nebbia dell’oblio.
L’attenzione che le è stata riservata mette in luce quanto le radici del marchio siano fondamentali per immaginare la visione del domani: “La ricostruzione della Hyundai Pony Coupé è un momento importante nella nostra storia”, conferma Luc Donckerwolke, presidente e Chief Creative Officer dell’azienda, “racconta i nostri inizi e il nostro impegno per quanto deve ancora accadere. È un’eredità per le generazioni a venire e simboleggia idealmente il testimone dell’evoluzione della società”.
A raccontarla oggi, questa storia accende la coscienza di quanto sia semplice perdere il filo delle buone idee, ma anche di quanto il loro genuino valore trovi sempre un’occasione di riscatto. Non è la prima volta che la creatività d’altri tempi viene materialmente riprodotta in tutta la sua straordinarietà: nel 2019, per esempio, a Villa d’Este fu presentata la “nuova” Bmw Garmisch, frutto di un’operazione concettualmente molto simile su un disegno di Gandini per Bertone. Ma la Pony Coupé, con il suo bagaglio di innovazione, irrompe sulla scena con l’intenzione di influenzare, almeno in parte, anche le linee di un veicolo che un giorno potrebbe entrare in produzione, e non solo di celebrare ciò che è stato.
Un ritorno meritato, che rende onore alla validità dei concetti di uno dei più grandi geni automobilistici italiani di sempre e a un marchio coraggioso, che ha saputo costruire da zero un nome oggi di riconosciuta qualità. E, come si dice in questi casi, adesso che ci siamo ritrovati non aspettiamo altri 50 anni per rivederci…
Testo Francesco Mosconi
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