Testo di Federico Lanfranchi. Fotografie di Luca Danilo Orsi
Da bambino, quando si avvicinava la fine d’agosto ero felice. “A questo qua gli manca qualche rotellaˮ, penserai, e forse non hai torto; ma ti spiego perché. Il ritorno dalle canoniche vacanze al mare passate fra spiaggia, amici e compiti, era reso più dolce dall’avvicinarsi del Salone di Francoforte, kermesse fra le più importanti a livello mondiale nel panorama dell’automobile. Proprio lì, ogni anno la mia famiglia faceva pellegrinaggio. In Germania, per vedere da vicino tutte le novità del settore. Ero sempre gasato all’avvicinarsi dell’evento, oltre che per il velocissimo viaggio in autobahn, anche perché il Salone era sempre uno spettacolo: i tedeschi giocavano in casa e ai tempi nessuno badava a spese, così tra i grandi costruttori era una magnifica gara a chi allestiva il padiglione più scenografico.
Nel 1995 non mancai l’appuntamento e fra Porsche, Mercedes e preparatori del calibro di Ruf o Brabus, venni rapito da un prototipo di auto sportiva coi quattro anelli sulla calandra: Audi presentò la maquette dell’auto che sarebbe diventata la TT. Fra la concept car e il modello di serie le differenze si rivelarono davvero poche, perché Audi fece all-in proprio sul design, che era – e resta – decisamente fuori dagli schemi ed è ciò che distingue la TT da tutte le altre compatte sportive di fine anni 90.
Ai tempi Ferdinand Piëch (nipote di Ferdinand Porsche) era il big boss del gruppo Volkswagen e da qualche anno aveva scelto di elevare lo standing del marchio Audi, per renderlo una sorta di eccellenza privata all’interno del gruppo; la TT, insieme ad A3, A6 e alla berlinona A8, è stata sicuramente una delle chiavi del successo che tutti conosciamo. Ma, come dicevo, è il design l’elemento più caratterizzante della coupé compatta di Ingolstadt. Una linea futuristica, ma con chiari richiami al passato. La somiglianza con le Auto Union degli anni 30, quelle che infrangevano ogni tipo di record, è molto forte.
Anche il nome TT è un omaggio al famoso Tourist Trophy e, al contempo, è stato ripreso pari pari nella grafica da una Nsu sportiva (la TT, appunto) di metà anni 60. Piccola, graziosa, tondeggiante e sportiva, l’Audi TT prima serie è ancora in grado di rapire gli sguardi di chi la incrocia per strada. Quello che vedi in queste foto è un esemplare del 1999, di cui Mario Aglione è il secondo proprietario: “L’ho comprata da un mio amico, che l’aveva usata per circa 20.000 km e che poi decise di sostituirla”. Da profondo conoscitore delle auto qual è, Mario non se l’è certo fatta scappare e, oggi, il contachilometri segna 116.000, in 24 anni di carriera. Mi soffermo a guardarla in ogni dettaglio mentre scattiamo le prime foto: quelle linee lì, così dannatamente pulite, sono ancora oggi da ammirare. Il design è davvero diverso da quello di tutte le concorrenti: può piacere tanto o non piacere per nulla, le vie di mezzo stanno a zero. I complimenti sono da fare a Peter Schreyer, che con la sua matita ci ha regalato questi sapienti tratti che sono andati ben oltre l’esercizio di stile.
I volumi del frontale e del posteriore sono perfettamente raccordati da un padiglione curvo con portiere alte e senza montanti, che incornicia finestrini bassi. Unica nota moderna? I fari, che hanno superfici curve ma incorniciati in tratti netti e spigolosi. Apro lo sportello, mi siedo al posto di guida e lo richiudo. Cloc. L’ambiente in cui mi trovo è raccolto, anche per via della linea di cintura alta, ma non per questo risulta claustrofobico. Anche in questo salottino che negli anni 90 doveva risultare estremamente avveniristico, ricorre il tema delle linee curve. In effetti tutto è tondo: le bocchette dell’aria sono splendidi anelli di alluminio satinato, gli strumenti davanti ai miei occhi sono anch’essi circolari e profilati d’alluminio, così come il pomello del cambio e i pulsanti. Alluminio e nero, nero e alluminio: un contrasto elegante e insieme sportivo.
I sedili in pelle sono contenitivi e sportivi, ma non mi danno l’impressione di stancare durante le lunghe percorrenze. Ti ho accennato al fatto che fosse intenzione dei vertici del Gruppo alzare l’asticella della qualità in casa Audi, no? Ecco, con la TT hanno fatto bingo, lo dimostra il fatto che, dopo tutti questi anni di onorato servizio, tutto sia ancora in perfetto stato, incluse quelle plastiche che, su molte vetture di quegli anni, oggi sono ridotte a chewing gum abbandonati sotto il sole. È il momento di mettere in moto il quattro cilindri turbo, che sull’esemplare in prova è nella configurazione più potente, quella in grado di erogare 225 cavalli.
Il rombo che esce dal doppio scarico posteriore (che distingue questa più prestante versione dalle altre) è piacevole e in abitacolo si percepisce senza assordare. Metto la prima con un innesto secco e preciso della corta leva del cambio e faccio qualche chilometro: l’impronta è sportiva, non c’è dubbio, ma l’Audi non complica la vita in ambiente urbano. Sono seduto in basso, come su ogni coupé che si rispetti, gli ammortizzatori hanno una taratura rigida, ma non sto guidando la tipica “asse di legnoˮ che ti fa sobbalzare a ogni dosso e con cui tristemente ci si ritrova a fare lo slalom tra i tombini. Sul misto, le quattro ruote motrici regalano un feeling meraviglioso e permettono velocità mica male in curva: un’Audi TT identica a questa l’avevo guidata parecchi anni fa e, fidati, c’è da divertirsi sulle strade di montagna. Il motore ha un tiro eccezionale senza essere scorbutico, complici le cinque valvole e il turbo che tira forte dai 2200 giri fin quasi alla zona rossa.
Ti piace quell’alettoncino incastonato al posteriore? Senza sarebbe stata benissimo la TT, ma ai tempi si vociferava che proprio sui curvoni veloci (sto parlando di velocità molto, ma molto oltre il limite) quest’Audi si innervosisse e potesse mettere in crisi i piloti. Persino i più esperti, con le sue reazioni inaspettate. Risultato? Dopo un anno dal debutto, tutte le TT prodotte vennero sottoposte a una campagna di richiamo per scongiurare il peggio. Era il 1999 e a tutti quelli che avevano staccato un assegno da 70 milioni (di lire, of course) per comprarne una, arrivò una simpatica letterina la lettera che obbligava a riportarla in officina per far installare quello spoiler posticcio, sostituire le barre di torsione e montare anche l’esp (forse il famoso test dell’alce della Mercedes Classe A aveva impaurito non poco i produttori tedeschi).
Per portarsi in garage un’Audi TT come quella del nostro amico Mario Aglione, oggi ci vogliono circa 13.000 euro, una cifra non esorbitante che sicuramente è destinata a salire, soprattutto se l’esemplare ha qualche peculiarità, come per esempio l’interno cosiddetto baseball per via delle cuciture dei sedili, che sembrano quelle di un guantone; o un colore diverso dai soliti argento e nero. Da tenere nel mirino anche le poche V6 costruite e le serie limitate.
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