Probabilmente ci avete fatto caso, soprattutto se siete soliti guidare vetture compatte, ma sembrerebbe che il resto della fauna automobilistica sia diventata estremamente grossa. E siccome la nostra rete viaria non ha nulla a che fare con quella sovradimensionata del Nordamerica, le dimensioni extra large alimentano il traffico e limitano il numero di parcheggi.
A confermare la nostra premessa una ricerca di Transport & Environment, un ente europeo che si occupa di mobilità e sostenibilità ambientale. Non è un atto di accusa verso i Suv, perché all’ingrasso ci sono arrivati un po’ tutti. Indubbiamente gli Sport Utility Vehicle hanno aperto la strada alla maggiorazione delle quote, ma anche nei segmenti più piccoli le dimensioni sono stravolte negli ultimo vent’anni.
Un passaggio interessante della relazione di Transport & Environment sottolinea come in media i veicoli passeggeri in Europa aumentino in larghezza di un centimetro ogni due anni. Chiaramente tale incremento non potrà tendere all’infinito, anche perché le disposizioni di legge in termini di larghezza dei veicoli sono chiare.
Infatti la quota massima consentita per tutti i veicoli nell’Unione Europea è di 255 cm. Questo però andava inteso come limite per i camion, mentre la case ne hanno “approfittato” per estendere le proprie auto.
Non ci sono vetture così larghe, ma la media nel Vecchio continente è comunque alta: poco più di 180 centimetri. Il problema è che, sebbene le dimensioni medie di un posto auto (stallo) siano pari a circa 5 m di lunghezza per 2.50 di larghezza, non sempre (almeno in Italia) hanno queste quote. E poi rimane il problema delle strade urbane, che non possono essere ulteriormente allargate, divorate in alcuni casi da ciclabili realizzate senza criterio.
Uno studio del Politecnico di Milano, pubblicato su Scientific Reports, presenta un sistema innovativo per la stima delle emissioni dei veicoli basato anche sullo stile di guida
Il rapporto evidenzia come le comunità che vivono vicino alle miniere di cobalto, litio, nichel e rame siano esposte a sfruttamento, rischi per la salute e danni ambientali