Che sia verde, blu, grigio o marrone (ma, come vedremo più avanti, in questa circostanza il colore fa la differenza più che in altri casi), l’idrogeno da anni è la stella nascente del panorama energetico mondiale. Stella nascente appunto, anche dopo molti anni e molti scenari.
Ma prima di addentrarci negli ultimi sviluppi (e nel possibile ruolo dell’idrogeno nell’auto, con l’ultimo esempio di Bmw con una flotta sperimentale di iX5 Hydrogen), capiamo meglio di cosa parliamo. L’idrogeno è un cosiddetto vettore, non esiste in natura allo stato puro e viene prodotto in molti modi, ai quali corrispondono diversi livelli di emissioni di carbonio (vedi i colori citati sopra).
Negli anni le sue caratteristiche gli sono valse il titolo di ottimo combustibile. Soprattutto se verde, ossia quando è ottenuto con l’elettricità generata da fonti rinnovabili. Rimane interessante, ma un po’ meno, quando è grigio o blu. Ossia quando si ottiene dal reforming di gas naturale, con o senza sistemi di cattura di carbonio che ne riducono l’impatto ambientale. Poi c’è l’idrogeno marrone, quello prodotto dalla gassificazione del carbone, che tra tutti è il processo meno virtuoso perché rilascia CO2 e monossido di carbonio. E fin qui tutto abbastanza chiaro.
Nel luglio 2020 la Commissione europea ha lanciato la strategia europea sull’idrogeno, nella quale riservava al vettore una posizione di primo piano nel percorso comunitario di transizione energetica. Poi, però, incastrato nelle complesse maglie normative dei singoli Stati membri, l’idrogeno si è un po’ perso fra sperimentazioni e iniziative varie, tutte alla ricerca di comprenderne le potenzialità applicative e le opzioni offerte dalle varianti gassose o liquide.
Insomma, un rebus dal quale non siamo ancora usciti. Dai trasporti (soprattutto pesanti, navi, aerei e treni) alla produzione decentralizzata di energia, passando per i processi industriali e il riscaldamento domestico, l’idrogeno potrebbe risolverci molti problemi. Potrebbe… Perché sebbene di idrogeno si parli e si faccia ricerca da oltre 20 anni, restano alcuni nodi da sciogliere in termini di certificazione, regolazione, incentivazione e normativa affinché acquisisca quella concretezza che, specie nell’auto, sembra ancora lontana.
Bmw, dopo anni di sperimentazioni più o meno riuscite, ci riprova con una flotta composta da alcuni esemplari di iX5 Hydrogen, ma questa volta con celle a combustibile. A oggi il costruttore tedesco ha circa 100 veicoli impiegati a livello internazionale a scopo dimostrativo e di prova.
“L’idrogeno è una fonte energetica versatile che ha un ruolo chiave da svolgere nel processo di transizione energetica e quindi nella protezione del clima. Dopotutto, è uno dei modi più efficienti per immagazzinare e trasportare le energie rinnovabili”, ha dichiarato recentemente Oliver Zipse, presidente del consiglio di amministrazione della Bmw AG. “L’idrogeno è il pezzo mancante del puzzle quando si parla di mobilità senza emissioni. Una sola tecnologia non sarà sufficiente per consentire una mobilità a impatto climatico zero in tutto il mondo”, ha concluso.
L’idrogeno può certo rappresentare un tassello. Ma siamo certi che sia l’auto lo strumento giusto? Proviamo a capire insieme. Oggi, oltre a Bmw, anche Hyundai e Toyota sono impegnate concretamente (Nexo e Mirai sono rispettivamente i modelli regolarmente in vendita anche in Italia) nello sviluppo dell’auto a idrogeno.
I sistemi di celle a combustibile sono ormai altamente efficienti, generano elevate potenze (295 kW/401 cv nel caso della Bmw iX5) e in combinazione con altri componenti (il motore elettrico, la trasmissione e l’elettronica di potenza, nel caso di Bmw raggruppati in un unico alloggiamento) e con l’aggiunta di una batteria con tecnologia agli ioni di litio, offrono di fatto la stessa esperienza di guida di un’auto elettrica, incluso il recupero di energia nelle fasi di rilascio e frenata. Quando cioè il motore funge anche da generatore. Il vantaggio rispetto a un’auto elettrica è il rifornimento più rapido, a scapito però di un’efficienza complessivamente minore.
Sull’affidabilità da tempo non ci sono grandi dubbi e Bmw fa sapere che la sua flotta pilota di iX5 Hydrogen ha appena “completato un intenso ciclo di test in condizioni climatiche critiche negli Emirati Arabi, con temperature che hanno raggiunto i 45° C, con sabbia e polvere, pendenze variabili e significative fluttuazioni di umidità”.
Già, per rimanere al caso Bmw iX5, dove l’idrogeno necessario per alimentare la cella a combustibile viene immagazzinato in due serbatoi a 700 bar realizzati in plastica rinforzata con fibra di carbonio, per un pieno servono 6 chilogrammi di idrogeno. Sufficienti per garantire un’autonomia di circa 500 chilometri, con un tempo di rifornimento di 3-4 minuti.
In Italia è presto detto: a Bolzano o a Mestre. A San Donato invece, alle porte di Milano, dopo molti anni sembra quasi certa l’apertura di un terzo impianto di rifornimento. Stop. In nord Europa le cose vanno decisamente meglio, con la Germania che dispone di oltre 30 stazioni di rifornimento già in servizio, sponsorizzate dal governo tedesco tramite il suo programma nazionale di innovazione per l’idrogeno. Il piano è quello di arrivare a 100 stazioni in tempi brevi.
A marzo il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha pubblicato la “graduatoria dei progetti riguardanti le stazioni di rifornimento stradale di idrogeno ammessi ai finanziamenti”, per un investimento totale di 103,5 milioni di euro. Sono 36 i progetti relativi alla realizzazione di stazioni di rifornimento a base di idrogeno rinnovabile ammessi a contributo nell’ambito della “Sperimentazione dell’idrogeno per il trasporto stradale”, parte del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Sulla base della classifica, entro il secondo trimestre 2026 è stabilita la messa in esercizio delle stazioni di rifornimento a base di idrogeno, uno spiraglio anche per l’auto.
Se è vero che la maggior parte dei paesi industrializzati sta adottando strategie per l’idrogeno, supportandole con tabelle di marcia e progetti concreti, nel settore dei trasporti l’idrogeno non ha ancora un ruolo certo. Che possa diventare un’ulteriore opzione tecnologica, accanto alla mobilità elettrica a batteria, è assodato.
Ma come? E in che tempi? Tutto dipenderà dalla produzione competitiva di quantità sufficienti di idrogeno prodotto da rinnovabili, oltre che dall’implementazione delle infrastrutture di rifornimento, aspetto in cui l’Italia è un fanalino di coda in Europa.
In Germania il Ministero federale degli affari economici e il Ministero federale dei trasporti sostengono da tempo il ruolo dell’idrogeno in tutta la catena del valore, dalla produzione ai trasporti fino alle applicazioni nell’industria. In Germania, appunto.
“Per dare vita a una vera e propria economia dell’idrogeno è necessaria una combinazione di fattori tecnologici e istituzionali: incentivi, un quadro normativo più chiaro e un’accelerazione per la realizzazione di infrastrutture dedicate”. Così spiegava in un’intervista rilasciata a Lifegate a luglio Mario Paterlini, presidente del gruppo “Idrogeno vettore energetico” di Federchimica Assogastecnici a margine del lancio del progetto “Hydrogen Experience”.
Lo stesso Paterlini ha evidenziato come già oggi esistano, oltre alle auto, anche mezzi del trasporto pubblico locale, del trasporto pesante e treni a idrogeno. Ma la questione rimane legata ai tempi per la diffusione, dettati da due elementi esterni alla tecnologia: gli incentivi al settore che gli Stati decideranno di garantire e la già citata realizzazione di infrastrutture per garantire i rifornimenti ai veicoli a idrogeno.
“È evidente”, ha sottolineato lo stesso Paterlini, “che finché non si realizzerà un congruo numero di stazioni di rifornimento sulla Penisola, non ci potrà essere mercato per le auto a idrogeno”. Poi è necessario il supporto pubblico anche sui costi operativi per la produzione di idrogeno e sui mezzi pesanti per stimolare la domanda, come già accade in alcuni paesi d’Europa.
In ambito nazionale, Bolzano si conferma città all’avanguardia sul fronte della mobilità sostenibile con mezzi pubblici a celle a combustibile in servizio già dal 2013. Non basta, la Provincia autonoma dell’Alto Adige è impegnata in prima linea per la realizzazione di un Brenner green corridor per collegare in modo sostenibile il sud e il nord dell’Europa, basato su digitalizzazione, veicoli a basse emissioni e potenziamento degli spostamenti su rotaia.
Nel frattempo, altri casi virtuosi non mancano. Il Piemonte è tra le 5 regioni capofila scelte dal governo per accelerare lo sviluppo di energie alternative e, in particolare, dell’idrogeno verde, con il protocollo per le Hydrogen valley che dà il via ai fondi del Pnrr per quasi 4 miliardi di euro. A favore di una strategia dedicata anche l’istituzione dell’Osservatorio regionale sull’idrogeno.
Le altre regioni coinvolte sono Friuli-Venezia Giulia, Umbria e Basilicata. Il Piemonte scommette soprattutto sulla creazione di poli di ricerca, produzione, consumo e trasporti con sperimentazioni del vettore a partire dal trasporto locale su strada e ferro.
E a proposito di treni… Trentino e Abruzzo puntano invece sul trasporto ferroviario. Dopo l’esempio virtuoso della Val Camonica, anche la Valsugana. Per stimolare la crescita del trasporto ferroviario e del trasporto pubblico su gomma a idrogeno nella provincia autonoma di Trento, è nato un protocollo che prevede la condivisione delle esperienze legate al progetto H2iseO per stimolare l’impiego dei treni a idrogeno nella tratta Borgo-Bassano del Grappa, come parte della strategia di riconversione della linea ferroviaria in Valsugana, di cui il tratto Trento-Borgo è in corso di elettrificazione. L’Abruzzo punta sul trasporto ferroviario in zone sismiche, con treni a idrogeno sulla linea ferroviaria (non elettrificata) Terni-Sulmona-L’Aquila.
Infine, l’idrogeno potrebbe avere un ulteriore ruolo nel trasporto aereo. È di qualche mese fa l’annuncio di Rolls-Royce di aver testato con successo l’utilizzo di idrogeno al posto del convenzionale carburante per alimentare un motore aeronautico. Si tratta della prima volta che tale esperimento viene eseguito con successo e potrebbe segnare una svolta importante nel raggiungimento degli obiettivi sostenibili necessari anche nell’industria dei voli.
Per il suo test, realizzato in collaborazione con easyJet, Rolls-Royce ha utilizzato un motore turboelica convertito per il funzionamento a gas. La prova, avvenuta in Inghilterra, ha dimostrato come l’idrogeno (ottenuto da energia eolica proveniente dalle isole Orcadi, in Scozia) possa essere una via alternativa agli efuel per decarbonizzare il trasporto aereo.
Guardando quindi ai prossimi dieci anni, le prospettive di sviluppo più interessanti rimangono quelle del trasporto pesante, soprattutto alla luce del peso delle batterie necessarie per garantire l’autonomia su lunghe distanze.
Testo a cura di Roberto Sposini
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