Testo di Mattia Eccheli
Tutte le crisi portano in Germania, anche quella della svedese Northvolt, la cui filiale americana ha fatto ricorso all’istanza di protezione fallimentare secondo le norme statunitensi, il cosiddetto Chapter 11 al quale si erano appoggiati in passato anche i colossi General Motors e Chrysler. La società, che aveva come obiettivo quello di diventare un riferimento per la produzione di batterie per i veicoli elettrici, aveva avviato i lavori per la costruzione di una fabbrica anche in territorio tedesco.
L’impianto nel Land dello Schleswig-Holstein dovrebbe creare almeno 3.000 nuovi posti di lavoro. In marzo, alla cerimonia della posa della prima pietra erano intervenuti sia il cancelliere Olaf Scholz sia il ministro dell’economia Robert Habeck. A quanto pare il progetto andrà avanti: la produzione dovrebbe cominciare nel 2026.
Non solo: il gruppo Volkswagen è il primo azionista dell’azienda, della quale controlla il 21% delle quote, seguita da Goldmann Sachs con il 19,2%. Tra le prime conseguenze della procedura di insolvenza ci sono le dimissioni da Ceo di Peter Carlsson, già manager di Tesla e tra i fondatori della Northvolt (assieme all’italiano Paolo Cerruti), che resterà peraltro nel CdA e in veste di consulente.
In una intervista al quotidiano “Dagens industri” aveva riconosciuto che i piani di espansione dell’azienda erano stati “un po’ troppo aggressivi”. Almeno pro tempore, le deleghe verranno assunte da Pia Aaltonen-Forsell e Matthias Arleth, quest’ultimo già designato come Coo.
Con il ricorso al Chapter 11 la società scandinava si è garantita la possibilità di ristrutturare il debito e rimodulare gli investimenti sulla base della nuova situazione “evitando” le pressioni dei creditori.
La stessa Northvolt, che aveva ammesso di disporre di liquidità sufficiente per una settimana, ha fatto sapere di aver già ottenuto nuove risorse per circa 245 milioni di dollari tra i finanziamenti da parte di istituti di credito (145) e il prestito ponte accordato da uno dei suoi clienti (100), ossia Scania, il costruttore di veicoli industriali che è sia svedese sia parte della galassia del gruppo Volkswagen.
Il congelamento della domanda di veicoli elettrici e l’aumento dei costi delle materie prime, ma anche alcuni problemi in fase di produzione (in Svezia, a Skellefteå, l’assemblaggio era cominciato nel 2021), che avevano contribuito anche alla sospensione del progetto di ampliamento della fabbrica. A incidere negativamente sul futuro della Northvolt è stato sicuramente anche l’annullamento del contratto di BMW per un controvalore superiore ai 2 miliardi di dollari.
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