L’indagine di Amnesty International ha preso in esame 13 tra i principali produttori di veicoli elettrici, valutando le loro politiche in materia di diritti umani e assegnando un punteggio basato su trasparenza, identificazione dei rischi e procedure di reporting. Mercedes si è posizionata in cima alla classifica con 51 punti su 90, mentre BYD, il colosso cinese, ha ottenuto un deludente punteggio di 11, evidenziando una preoccupante mancanza di trasparenza.
Hyundai e Mitsubishi, con punteggi rispettivamente di 21 e 13, hanno dimostrato di non avere informazioni sufficienti sull’implementazione delle politiche di due diligence in materia di diritti umani.
Il rapporto di Amnesty International non si limita a denunciare le mancanze, ma offre anche un’analisi dettagliata delle risposte fornite dai produttori. Hyundai, ad esempio, ha riconosciuto la valutazione di Amnesty e ha ribadito il suo impegno per una catena di approvvigionamento sostenibile ed etica che tuteli i diritti umani, la protezione ambientale e la sicurezza. BYD e Mitsubishi, invece, hanno scelto di non commentare i risultati del rapporto, sia ad Amnesty International che ad Autocar, una rivista automobilistica che ha condotto un’indagine indipendente.
Uno dei punti critici evidenziati dal rapporto è l’estrazione del cobalto, un materiale fondamentale per le batterie dei veicoli elettrici. La Repubblica Democratica del Congo (RDC) produce circa il 70% del cobalto mondiale, ma le condizioni di lavoro nelle miniere sono spesso disumane, con un impatto devastante sulla salute dei lavoratori e sull’ambiente.
L’organizzazione Rights and Accountability in Development (RAID) ha denunciato casi di contaminazione dell’acqua, problemi di salute riproduttiva per donne e ragazze, e difficoltà per pescatori e agricoltori a causa dell’inquinamento. Anneke Van Woudenberg, direttrice di RAID, ha sottolineato come il cobalto destinato alle batterie dei veicoli elettrici sia spesso estratto sfruttando la manodopera a basso costo e migliaia di lavoratori congolesi.
Le compagnie minerarie contestano queste accuse, sostenendo che i loro processi sono “puliti”, “sostenibili” e “privi di violazioni dei diritti umani”. Tuttavia, l’evidenza raccolta da Amnesty International e RAID suggerisce che c’è ancora molto da fare per garantire una catena di approvvigionamento etica e trasparente per i materiali delle batterie dei veicoli elettrici.
Nonostante le critiche, alcune aziende stanno compiendo passi avanti per migliorare la tracciabilità e la sostenibilità delle loro catene di approvvigionamento. Volvo, ad esempio, sta utilizzando la tecnologia blockchain per tracciare l’origine di tutto il cobalto che entra nella sua catena di approvvigionamento, in collaborazione con i fornitori CATL e LG Chem.
L’obiettivo è quello di introdurre un “passaporto per le batterie” per tutti i suoi veicoli elettrici e ibridi plug-in entro il 2027, in linea con i requisiti della normativa europea. Anche Mercedes ha avviato un programma di audit della sua catena di approvvigionamento in collaborazione con RCS Global, un’organizzazione leader nel campo della verifica ambientale, sociale e di governance.
BMW, invece, partecipa attivamente alla Responsible Cobalt Initiative, un’iniziativa volta a identificare ed eliminare i rischi sociali e ambientali nella catena di approvvigionamento del cobalto. Volkswagen, infine, richiede a tutti i suoi fornitori di rispettare gli standard dell’Iniziativa per un’Estrazione Mineraria Responsabile.
La crescente domanda di veicoli elettrici richiede un’azione collettiva da parte di produttori, governi e organizzazioni per garantire una transizione energetica giusta e sostenibile. La trasparenza nella catena di approvvigionamento è fondamentale per assicurare il rispetto dei diritti umani e la protezione dell’ambiente.
L’introduzione del “passaporto per le batterie” da parte dell’Unione Europea a partire dal 2027 rappresenta un passo importante in questa direzione, incentivando i produttori a migliorare la tracciabilità dei materiali e a garantire la sostenibilità delle loro catene di approvvigionamento.
Solo attraverso un impegno congiunto sarà possibile costruire un futuro in cui la mobilità elettrica sia veramente sostenibile, sia dal punto di vista ambientale che sociale.
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