Nel Maggiolino di Volkswagen c’è la storia di un’auto, un secolo, una caduta drammatica, una rinascita, un’affermazione a livello mondiale. Di un prodotto oltre il tempo. La prima generazione della vettura tedesca è insieme il simbolo della Germania del “prima” e del “dopo” della Seconda guerra mondiale; auto del popolo, come dice il nome dell’azienda che l’ha costruita (definizione che piaceva molto al suo progettista Ferdinand Porsche) e poi sinonimo per molti di anticonformismo, libertà (ri)conquistata e voglia di godersela fino in fondo.
Una vera auto del popolo
L’auto nasce in uno dei momenti più bui del Novecento: la dittatura nazista che trascinerà Europa e poi il mondo in un conflitto globale. Scopo del regime è quello di dare ai lavoratori tedeschi un mezzo accessibile, economico, senza fronzoli, che ne premiasse l’operosità. Un’auto che fosse un traguardo sulla strada della modernizzazione del Paese, uscito a pezzi dalla Prima guerra mondiale.
Il progetto di quella che allora era nota come Tipo 1 viene affidato a Ferdinand Porsche che la concepì con motore posteriore raffreddato ad aria, utilizzando elementi di design da un suoprecedente prototipo (la Tipo 12 costruita per Zündapp, marchio motociclistico di Norimberga) e da modelli della Casa cecoslovacca Tatra.
Nel 1938, a porre la prima pietra di quella che sarebbe diventata la fabbrica di Wolfsburg della Volkswagen (all’epoca i nomi erano altri, il marchio si chiamava KdF acronimo di Kraft Durch Freude, cioè Forza attraverso la Gioia e la città KdFStadt), è il Führer in persona. A lui è destinata la prima versione cabrio, uscita dall’impianto della Bassa Sassonia l’anno successivo. Ma nel 1939, allo scoppio della guerra, lo stabilimento viene convertito a mezzi militari – il Tipo 62Kübelwagen e l’anfibia Schwimmwagen – e la produzione dell’auto civile si riduce all’osso peressere fermata il 7 agosto 1944, sotto la minaccia dei bombardamenti alleati. Ancora nel 2016 e nel 2018 nei dintorni della fabbrica sono stati trovati proiettili inesplosi a ricordare quel periodo.
Messa sotto controllo britannico alla fine della guerra, la fabbrica riprende a costruire la Tipo 1 nel1945 (quando venne ripensato il piano Morgenthau, che voleva imporre la moratoria industriale alla Germania “riducendola alla pastorizia e all’agricoltura”) e nel 1949 torna in mani tedesche,quando l’azienda prende il nome di Volkswagen GmbH.
L’industria trainante
L’“auto del popolo” diventerà un fenomeno di mercato ben oltre i confini del suo Paese. Nel 1949ne vengono prodotti 10mila esemplari, cinque anni dopo saranno 150mila venduti in 45 Paesi, a fine decennio le vendite supereranno il milione. Il Maggiolino accompagna la rinascita dell’intera economia tedesca tra i ’50 e i ’60: il reddito pro capite nazionale sale da 845 a 1.633 marchi, gli impiegati passano da 13 milioni nel ’50 a oltre 20 dieci anni dopo, l’indice della produzione vola da 118 a 249. L’auto e la sua industria è trainante, come del resto sta avvenendo in Giappone, l’altrogrande paese sconfitto del conflitto mondiale.
A sorpresa, il piccolo Maggiolino avrà successo anche nell’America delle enormi auto di Detroit. Nel 1959, sotto la supervisione di William Bernbach dell’agenzia pubblicitaria di New York Doyle Dane Bernbach, i copywriter Julian Koenig e Helmut Krone creano per l’auto tedesca la celebre campagna “Think Small”: un minuscolo Maggiolino in un angolo di uno spazio bianco. “Forse siamo diventati così grandi perché abbiamo pensato in piccolo”, recitava l’annuncio.
Che storia
Quarant’anni dopo, Ad Age – il canale di comunicazione sull’advertising più noto al mondo – la premia come migliore campagna pubblicitaria del XX secolo. Solo nel 1968 – l’anno che cambia tutto, quello della contestazione, del ritorno sulle scene di Elvis Presley, dell’omicidio di Martin Luther King e dell’occupazione della Cecoslovacchia – la Beetle assume ufficialmente questo nome, in tedesco “der Käfer”, coleottero.
La “Beetlemania” viene resa globale dai sei film Disney che hanno come protagonista “Herbie the Love Bug”, un Maggiolino antropomorfo con un numero 53 da corsa sul cofano. Il mito continua nel 1971 quando debutta il “Super Beetle”, modello premium che aiuterà a raggiungere lo storico risultato produttivo sancito il 17 febbraio ’72, quando l’esemplare numero 15.007.034 esce dalla catena di montaggio per superare il record detenuto dalla Ford Model T, per quattro decenni l’auto più venduta al mondo. Alla fine gli esemplari della prima generazione del Maggiolino in circolazione saranno oltre 21 milioni.
*Articolo pubblicato su l'Automobile 61, aprile 2022