Ultimo aggiornamento  02 giugno 2023 11:34

Maserati Kyalami, la prima di De Tomaso.

Massimo Tiberi ·

L’obiettivo, ambizioso, era quello di realizzare granturismo fuori dai canoni tradizionali, unendo le esperienze derivate da filosofie costruttive assolutamente distanti. Ma il matrimonio tra Maserati e Citroën, diventata proprietaria della casa del Tridente a partire dal 1968, termina già nel 1974, dopo realizzazioni di valore, dalla SM alla Bora, scontando però crisi che porteranno la francese nel gruppo Psa e l’italiana a rischiare la definitiva chiusura.

A salvare il celebre marchio sportivo arriva Alejandro De Tomaso che, con l’aiuto della Gepi, ente pubblico per il sostegno alle aziende in difficoltà, acquisisce la maggioranza azionaria e subito si impegna per dare segnali di nuova vitalità produttiva. Per contenere gli investimenti, nella complessa fase di transizione, l’ex pilota e imprenditore argentino utilizza quanto disponibile, realizzando una vettura basata sul telaio della sua Longchamp ed equipaggiata con motori del Tridente al posto dei Ford.

Debutto a Torino

Al Salone di Torino del 1976 viene dunque presentata la Kyalami, nome riferito alla vittoria del 1967 di Pedro Rodriguez con la Cooper-Maserati sul circuito sudafricano, destinata a riannodare il filo delle granturismo a quattro posti abbandonato con l’uscita di scena della Mexico. Firma lo stile della carrozzeria dalle dimensioni importanti (lunghezza di 4,61 metri) Pietro Frua, che aggiorna il disegno della Longchamp di Tom Tjaarda per la Ghia, dando maggiore slancio alla linea tre volumi, caratterizzando il frontale con doppi fari circolari e riuscendo a distinguere l’auto con una personalità più in sintonia con il prestigio del marchio.

Anche all’interno la tradizione, che vuole lusso e comfort da unire alle alte prestazioni, viene rispettata, con un allestimento curato, impreziosito dai rivestimenti in legno, pelle Connolly per i sedili e pelle scamosciata antiriflesso per la parte superiore della plancia. Non troppo sacrificato lo spazio per i passeggeri posteriori, discreta la capacità del bagagliaio e al massimo livello per l’epoca le dotazioni che, oltre alla ricchissima strumentazione, comprendono condizionatore d’aria, vetri elettrici, quattro poggiatesta e cinture di sicurezza con spia. Da notare la presenza di due serbatoi carburante, per complessivi 100 litri di pieno, con i rispettivi bocchettoni di riempimento, commutatore e doppia spia della riserva.

Alta classe

Raffinate le scelte tecniche, con sospensioni tutte indipendenti e barre stabilizzatrici, freni a disco servoassistiti e ventilati (i posteriori “in board”), sterzo servoassistito collassabile e regolabile in altezza, differenziale autobloccante. Il motore, anteriore longitudinale, è il V8 4,2 litri Maserati da 255 cavalli, bialbero per bancata, alimentato da quattro carburatori doppio corpo e accoppiato ad un cambio ZF a cinque marce, in alternativa un automatico Borg-Warner a tre rapporti.

Veloce (235 chilometri orari di velocità massima) e dalla eccellente elasticità di marcia, comoda quasi come una berlina di alta classe, la Kyalami è una granturismo nel senso migliore del termine, in grado di confrontarsi senza problemi con rivali del calibro della Ferrari 400, della Lamborghini Espada, della Mercedes 450 SLC o della Jaguar XJ-S. Il prezzo, sui 30 milioni di lire, la colloca nella fascia mediana tra la quattro posti di Maranello e la britannica, mentre dal 1978, per la clientela più esigente, è disponibile il V8 maggiorato a 4,9 litri da 280 cavalli in grado di spingerla a 245 chilometri orari.

Affiancata nel 1979 dalla terza generazione della Quattroporte, la Kyalami chiude, con le sue vendite limitate a circa 200 esemplari fino al 1983, una stagione storica della Maserati che, dal 1981, ha iniziato un percorso strategicamente molto diverso dopo il lancio della Biturbo.

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