Ultimo aggiornamento  31 maggio 2023 11:28

Polestar, per chi suona la campana.

Francesco Paternò ·

Polestar, il marchio svedese di auto di lusso elettriche e ancora di nicchia nato nel 2017 dopo essere stato divisione sportiva di Volvo, ha fatto suonare il 28 giugno la campanella al Nasdaq come accade per tutte le matricole. Sigla del titolo PSNY, 890 milioni di dollari raccolti prima dell’esordio ufficiale, propedeutica una fusione con Gores Guggenheim Inc, società di acquisizione per scopi speciali (Spac), il 48% della nuova società in mano a Volvo, a sua volta controllata dai cinesi di Geely.

L’operazione sa di sfida ai venti di guerra e di recessione che in questo momento agitano i mercati e sconsiglierebbero quotazioni. E sa di sfida a Tesla, perché secondo alcuni analisti proprio il costruttore svedese potrebbe diventare presto il vero competitor di Elon Musk.  “Apriamo un nuovo capitolo della nostra storia - ha detto il ceo Thomas Ingenlath - riassunto in una parola: crescita. Entro il 2025 puntiamo a vendere 290mila auto all'anno, dieci volte rispetto a ciò che abbiamo venduto nel 2021".

Il ceo è un designer

Se i proclami lasciano il tempo che trovano, Ingenlath ha un profilo atipico per l’industria dell’auto su cui non si può sorvolare. In un mondo dove si diventa amministratore delegato quasi sempre da ingegnere o da esperto di finanza, Ingenlath ha formazione di designer. A metà 2017 è senior vice president del centro stile di Volvo quando viene nominato a capo di Polestar con la missione di andare da solo, certo utilizzando capacità ed esperienza globali di Volvo e del gruppo Geely, ma puntando dritto a quella che lui chiama “rivoluzione culturale”: sostenibilità come trampolino di lancio per un marchio di auto elettriche prestazionali con “l’opportunità di fare le cose in modo diverso”. A differenza di Musk, enfatizza subito l’importanza della storia: “Non vogliamo buttare via 100 anni di conoscenza nella costruzione di automobili, arte e professione incredibili che abbracciamo totalmente”.

Da 1 a 5, dal plug-in all'elettrico

Nel 2018 a New York svela Polestar 1, una coupé di grande bellezza con un cuore ibrido plug-in da 600 cavalli che andrà in vendita l’anno successivo. Ingenlath si presenta vestito ancora da designer, jeans neri e giacca gialla da motociclista. Dal 2019 si vedranno solo elettriche, e lui anche in giacca e cravatta: Polestar 2, berlina a zero emissioni commercializzata l’anno successivo, ora il primo suv a batteria, Polestar 3. Una fabbrica in Cina e un’altra di assemblaggio negli Stati Uniti in Carolina del sud operativa da fine anno, una presenza su 25 mercati con vendite in “spazi” e non concessionarie a Londra come a Shanghai. In programma nel 2023 un crossover compatto chiamato Polestar 4 e una ammiraglia Polestar 5 nel 2024. Come raggiungere l’obiettivo 2025? Ingenlath ammira il modello Apple che dal negozio fisico porta spesso all’acquisto online dei propri prodotti, “massimo esempio di come costruire una relazione con il cliente”. Anche se poi, sulle sue vetture, ha scelto il sistema di connessione Android.

I concept da "sognatori"

Per sognare, Polestar ha presentato il concept 02 (dopo Precept, altro prototipo non passato inosservato), una roadster che il capo designer Maximilian Missoni sostiene essere un “punto di incontro fra tecnologia e arte, fra precisione e scultura”, con addirittura un drone dietro ai sedili capace di riprendere la vettura in movimento fino a una velocità di 90 chilometri l’ora. Ma non deve essere facile fare il designer quando il boss è un designer. “Naturalmente dobbiamo essere sognatori – dice Ingenlath – ma non sognatori al punto che non potremmo vendere”. Piuttosto, aggiunge il ceo, “ripensare il nostro modo di operare minimizzando l’impronta carbonica è per noi fondamentalmente il prerequisito per fare business”.

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