Ultimo aggiornamento  06 giugno 2023 11:39

Quattro concept troppo avanti.

Edoardo Nastri ·

Perfette per sognare, ma troppo avanti per la produzione. Alcune concept car hanno avuto un successo straordinario nel giorno del loro debutto pur senza conoscere successivamente la realizzazione in serie. Una tendenza che è più vera per il passato, dove i prototipi spesso non annunciavano un nuovo modello in arrivo, bensì le potenzialità del centro stile o un nuovo corso di design che avrebbe influenzato il domani del costruttore. Ecco quattro concept car dalle grandi potenzialità che tuttavia non sono mai state costruite.

Lamborghini Estoque (2008)

Una grande berlina a quattro porte, fortemente orientata alla sportività. Il 2008 è stato l’anno del debutto della Lamborghini Estoque, una concept car che al Salone di Parigi ha fatto girare la testa a molti e che di fatto anticipava il futuro trend delle berline-coupé supersportive (le rivali Aston Martin Rapide e Porsche Panamera debuttarono un anno dopo, nel 2009). La Estoque, invece, rimase nei cassetti del centro stile a Sant’Agata Bolognese. Lunga 5,15 metri, alta 1,35, larga 2 e con un lunghissimo passo di 3 metri, la vettura è stata disegnata da Manfred Fitzgerald e immaginata come una grande ammiraglia sportiva con anima da GT.

La Estoque era basata sulla stessa piattaforma utilizzata dall’Audi A7, ma spinta dal noto dieci cilindri Lamborghini da 560 cavalli di potenza con alcuni netti richiami stilisti alla shooting brake Espada costruita nel decennio 1968-78. Al lancio, il costruttore aveva addirittura previsto volumi di vendita che avrebbero superato le 3mila unità all’anno, ma alla fine il progetto non ottenne mai il via libera finale. Forse perché si stava già pensando a un possibile domani a ruote alte con la Urus.

Bmw Nazca M12 (1991)

Questo modello è stato per il costruttore bavarese un laboratorio per la velocità, a metà tra una Formula 1 e un modello per il Gruppo C. Disegnata dall’Italdesign di Giorgetto Giugiaro, la M12 aveva un telaio realizzato completamente in fibra di carbonio (rarità per l’epoca) che le garantiva un peso piuma di appena 1.110 chilogrammi. I designer hanno lavorato a lungo sugli affinamenti aerodinamici ottenendo ottimi risultati: la resistenza all’aria testata in galleria del vento registrava un Cx di appena 0,26.

Ad assicurare prestazioni fuori dal comune al posteriore c’era un V12 da 5 litri che erogava ben 300 cavalli, derivato direttamente dalla Bmw 850i. La vettura fece così clamore che il costruttore tedesco decise di commissionare all’Italdesign una versione aggiornata chiamata C2, presentata nel 1992 al Salone di Tokyo. Le linee ulteriormente affinate, i proiettori spostati più in basso su un piano orizzontale e i 50 cavalli di potenza in più uniti al peso ridotto le garantivano il massimo delle prestazioni. Il cerchio si è chiuso nel 1993 con l’arrivo della Nazca C2 Spider.

Alfa Romeo Nuvola (1996)

Linee dolci, volumi morbidi e quel perfetto stile italiano che si ottiene quando dietro un modello c’è il marchio Alfa Romeo unito alla matita di Walter De Silva (accompagnato da colleghi del calibro di Wolfgang Egger, Carlo Giavazzi, Filippo Perini e Arcangelo Jeker). È il 1996 quando la Casa di Arese presenta la Nuvola, una dichiarazione d’intenti e manifesto stilistico per i modelli che arriveranno dopo questa gran turismo azzurra. Secondo le dichiarazioni del team di progettazione, la Nuvola non era stata inizialmente immaginata come un puro esercizio di stile, ma poneva le basi per la produzione di modelli piuttosto versatili sulla stessa piattaforma, ma la storia andò diversamente.

Evidenti i richiami al passato - dalla 8C 2900, alla 2500 Villa d’Este fino alla 1900 Sprint – pur conditi in un mix di proporzioni eleganti senza perdere il piglio sportivo. La Nuvola, così chiamata in memoria di Tazio Nuvolari, è nata diversa: Paolo Cantarella, amministratore delegato del gruppo Fiat, decise al tempo di non volerla rossa, bensì di un altro colore tipico del marchio, andato un po’ dimenticato: l’Azzurro Nuvola. Presentata al Salone di Parigi, la Nuvola era mossa da un 2.5 V6 biturbo da 300 cavalli che potevano portare al trotto i 4,2 metri di lunghezza di questa coupé 2+2 che oggi riposa al Museo Storico Alfa Romeo di Arese.

Lancia Fulvia Concept (2003)

Un’occasione persa è l’unico pensiero che può venire in mente quando si osservano le linee della Lancia Fulvia Concept, apparsa per la prima volta nel 2003 al Salone di Francoforte. Il design del centro stile Lancia per mano di Flavio Manzoni (oggi capo del design della Ferrari) e Alberto Dilillo mostrava una classica reinterpretazione di un mito del passato in chiave futuristica. Un’operazione simile a quanto avrebbe fatto Fiat nel 2007 con il rilancio della 500, ma che nel caso della Fulvia non vide mai la produzione in serie, nonostante le innumerevoli richieste degli appassionati.

Per la Fulvia Concept la parola d’ordine era leggerezza: 990 chilogrammi mossi da un 1.8 a quattro cilindri montato in posizione trasversale (lo stesso della Fiat Barchetta) capace di erogare 140 cavalli sulle ruote anteriori, sufficienti per divertirsi in sicurezza e, in perfetto stile Lancia, senza esagerare. Il periodo economicamente difficile di Lancia fece rimanere la Fulvia Coupé solo un sogno per appassionati portando addirittura Sergio Marchionne a definire diversi anni dopo la sua mancata produzione in serie come “un grandissimo rimpianto”.

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