Stellantis sarebbe pronta a rimborsare in anticipo maxi-prestito ricevuto nel 2020 per fronteggiare le difficoltà create dal blocco delle attività a seguito della pandemia di coronavirus. La scadenza naturale dell’operazione sarebbe il 2023 ma, secondo indiscrezioni riportate inizialmente da Bloomberg, il gruppo potrebbe far tornare subito nelle casse di Intesa San Paolo i 6,3 miliardi di euro avuti con la garanzia Sace per l’80% della somma. L’intero progetto della linea di credito aveva ottenuto il via libera sia dal Ministero delle finanze che dalla Corte dei Conti a giugno di due anni fa.
L’intervento di Sace (società per azioni del gruppo italiano a partecipazione pubblica Cassa Depositi e Prestiti) rientrava nelle procedure previste dal Decreto Liquidità che dava il via libera a finanziamenti in favore di grandi imprese (più di 5mila dipendenti in Italia o fatturato superiore agli 1,5 miliardi di euro). In cambio la società si impegnava a utilizzare i fondi per pagare fornitori e personale degli stabilimenti italiani e “gestire i livelli occupazionali attraverso accordi sindacali” e aveva assicurato che il finanziamento sarebbe stato “destinato esclusivamente alle attività italiane e al sostegno della filiera automotive in Italia, composta da circa 10mila piccole e medie imprese”.
Situazione non definita
Con la fusione fra Fca e Psa del 2021, la scorsa estate il gruppo automobilistico presieduto da John Elkann aveva firmato una nuova linea di credito revolving da 12 miliardi di euro con un gruppo di banche, spiegando che questa avrebbe sostituito le precedenti di Psa (3 miliardi di euro) e appunto quella di Fca da 6,25 miliardi.
Negli ultimi tempi spesso il ceo di Stellantis Carlos Tavares è tornato a richiamare l’attenzione soprattutto del governo italiano sulle difficili condizioni in cui versa il settore automotive nel nostro Paese. La transizione verso l’elettrico - sostiene il manager - imposta anche dalle leggi comunitarie comporta un aggravio per l’azienda del 50% più alto rispetto alla produzione di auto tradizionali. Tavares ha recentemente ribadito anche come il costo del lavoro negli stabilimenti italiani sia sensibilmente più alto rispetto a quanto succede all’estero suscitando, così, la preoccupazione anche dei sindacati che temono una ricaduta occupazionale dalla inevitabile ristrutturazione che l’elettrificazione porta con se. Tra i vincoli del prestito del 2020, c'era quello di mettere in stand by ogni possibile intervento di taglio dei posti di lavoro.
Anche sulla realizzazione della gigafactory italiana di Termoli - che sembrava ormai un progetto pronto a partire - le ultime dichiarazioni del numero uno di Stellantis, che ha parlato di trattative ancora in corso, hanno invece avanzato qualche ombra.
Espansione in Cina
Nel frattempo dalla Cina arrivano buone notizie per il gruppo italo-francese. La joint venture di Stellantis e Dongfeng Motor Corporation ha venduto nel 2021 oltre 100mila esemplari, 9.300 dei quali New Energy Vehicle, più del doppio del volume delle vendite annuali del 2020.
Inoltre il gruppo ha preso definitivamente in mano le redini di Uap - United Auto Parts - distributore di pezzi di ricambio, fondendolo con altre società del settore, JianXin e Longstar, creando così il quarto polo per volumi specializzato nell’aftermarket in Cina. Grégoire Olivier, Chief Operating Officer nel paese asiatico, ha parlato di “mercato strategico in termini di potenziale non ancora sfruttato” e ha sottolineato come la “partecipazione del 53,5% nel nuovo distributore di ricambi integrato, garantisca a Stellantis un notevole potenziale di crescita", in un settore che ha già fatturato nel 2021 176 milioni di euro in Cina.