Nuovo capitolo nello scontro tra la principale banca d’investimenti al mondo, JP Morgan Chase & Co, e Tesla. Se nel 2021 era stata la prima a citare in giudizio il costruttore - reo a suo dire di aver mancato degli obblighi contrattuali - ora è la volta di Elon Musk e dei suoi di contrattaccare sul piano legale. In un esposto davanti alla corte federale di Manhattan, la Casa automobilistica accusa la controparte di "malafede e avarizia" per aver richiesto 162,2 milioni di dollari dopo che la banca aveva unilateralmente cambiato i termini dei warrant ricevuti quando Tesla aveva venduto obbligazioni convertibili nel 2014.
"JP Morgan - si legge nel documento - ha portato avanti la sua richiesta esorbitante come un atto di ritorsione contro Tesla, sia per aver scavalcato la stessa banca in importanti accordi commerciali, sia per l'animosità dei suoi dirigenti verso il signor Musk”. Secondo i legali del costruttore, “cambiando i termini dei warrant, l'istituto finanziario ha ottenuto un puro guadagno” e questo dopo aver già ricevuto un "rimborso multimiliardario" dall'impennata del prezzo delle azioni di Tesla.
Il portavoce di JP Morgan Brian Marchiony ha reagito in una e mail, sottolineando: "Non c'è alcun merito nella loro richiesta. Si tratta di adempiere agli obblighi contrattuali".
Colpa di un tweet
I warrant danno ai possessori il diritto di comprare azioni della società a un prezzo e una data stabiliti. Nella sua causa del 15 novembre 2021, JP Morgan ha accusato Tesla di essere inadempiente per non aver consegnato 228.775 delle sue azioni ordinarie, o l’equivalente in contanti, quando i warrant sono scaduti a giugno e luglio 2021: a quel punto il prezzo delle azioni di Tesla era salito di circa 10 volte.
La banca ha citato in particolare il tweet del 7 agosto 2018 di Elon Musk che sosteneva la possibilità che “Tesla diventasse privata” (ovvero uscisse dalla quotazione in borsa) e che per questo c’erano "finanziamenti assicurati”. Affermazione che scatenò una grande volatilità nel valore dei titoli del costruttore spingendo Jp Morgan a intervenire unilateralmente sui warrant.
Diciassette giorni dopo la affermazione su Twitter, il ceo di origine sudafricana fu costretto a fare marcia indietro, anche a causa di una inchiesta della Stock Exchange Commission - che controlla i titoli negli Usa - che ha condannato lo stesso Musk e la sua azienda a pagare 20 milioni di dollari di multa ciascuno e ha anche sospeso il manager dalla carica di presidente della società.