Il 28 febbraio prossimo nella prima fabbrica europea di Tesla, a Berlino, si terrà l’elezione del consiglio di fabbrica. Non si sa se questo faccia o meno parte degli “incubi” che ogni tanto agitano le notti di Elon Musk, ceo del costruttore: di certo - almeno negli Usa - il rapporto tra l'azienda di auto elettriche e i sindacati dei lavoratori non è mai decollato.
I circa 2mila dipendenti oggi attivi nel sito tedesco - che è ancora in attesa del via libera definitivo da parte delle autorità locali - eleggeranno 19 rappresentanti. Non ci sono commenti ufficiali da parte dell’azienda, che però può fare poco: le leggi in Germania da questo punto di vista sono ben diverse da quelle in vigore negli Usa. Preoccupazione è stata espressa dal più grande sindacato tedesco del settore, IG Metall, secondo cui sarebbe stato meglio rinviare la consultazione: solo un sesto dei 12mila dipendenti che lavoreranno nell’impianto è già stato assunto e potrà partecipare al voto, quindi il rischio è che l’organo non sia effettivamente rappresentativo. Secondo il diritto del lavoro tedesco, esclusivamente i lavoratori impiegati in un'azienda per almeno sei mesi possono candidarsi alle elezioni.
I risultati saranno comunque validi - indipendentemente dalla proporzione della forza lavoro che andrà a votare - e una nuova elezione potrà essere convocata solo dopo due anni e se il numero complessivo dei dipendenti sarà cresciuto di più del 50%.
Problemi negli Usa
In passato negli Usa Elon Musk ha avuto i suoi guai per aver minacciato di ritirare le stock option distribuite ai lavoratori se questi si fossero consociati in un sindacato. Una affermazione che il manager fu poi costretto a cancellare da Twitter a seguito di una sentenza a lui contraria.
Negli Stati Uniti infuriano ancora le polemiche per la decisione della amministrazione Biden di concedere un ulteriore incentivo alle auto elettriche costruite sul territorio nazionale “e in stabilimenti sindacalizzati”, scelta che taglierebbe fuori le vetture di Tesla dalla facilitazione.