Ultimo aggiornamento  31 maggio 2023 11:50

Elettriche, la riscossa delle Big Three.

Paolo Borgognone ·

Quando alla metà degli anni ’70 le leggi chiamate “Cafe” (Corporate Average Fuel Economy) - nate per fronteggiare l’embargo dei Paesi arabi - costrinsero i costruttori di automobili a lasciar perdere le vetture gigantesche e perennemente assetate di petrolio, per l’industria americana delle quattro ruote, per Detroit che la rappresenta, iniziarono tempi molto duri.  Si fecero avanti Case straniere, soprattutto giapponesi, che iniziarono a esportare negli Usa vetture piccole, dinamiche, meno ingombranti e soprattutto con pretese molto più contenute al momento di fermarsi dal benzinaio.

Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti e oggi la situazione si sta rovesciando. “La vendetta di Motor City” l’ha battezzata poco tempo fa proprio un giornale del Michigan. Quello che sta succedendo è che i nuovi, stringenti limiti di consumi “miglia per gallone” varati da Washington nel dopo-Trump e soprattutto l’arrivo dei pick up elettrici sta lanciando in orbita il valore delle “Big Three”, Chrysler (che oggi è in Stellantis) ma soprattutto General Motors e Ford. Che, non è un caso, hanno recentemente ospitato il comandante in capo, il presidente Biden e la sua vice Kamala Harris. La politica è tornata ad affacciarsi a Detroit: e pensare che il 18  luglio 2013 la città - che negli ultimi anni aveva vissuto un clamoroso declino anche demografico passando da 1,8 milioni di abitanti a 700mila - è diventata la più grande amministrazione americana a dichiarare bancarotta. Un altro mondo.      

"La marea è cambiata"

Oggi Ford ha rinnovato il proprio quartier generale “occupando” la ex stazione centrale (e si diceva che ci fossero i fantasmi), General Motors ha potuto presentare all’inquilino della Casa Bianca come fiore all’occhiello la sua nuova fabbrica attenta all’ambiente. E soprattutto i piani di investimento per la elettrificazione stanno pompando nuova linfa nelle società, tanto che Ford ha toccato i 100 miliardi di dollari di quotazione in Borsa solo pochi giorni addietro.

Ma cosa succede? “La marea è cambiata", ha detto Dan Ives, amministratore delegato di Wedbush Securities specialista in analisi finanziarie in occasione del risultato a Wall Street dell’Ovale blu "Nel mercato dell’elettrico, la gallina dalle uova d'oro è il pick-up. Le case automobilistiche di Detroit stanno sfruttando la loro posizione di forza. Ecco perché il valore delle azioni è ai massimi storici”. Honda sta provando a reagire lavorando proprio con Gm ma lo stesso Ives ha spiegato bene come stanno le cose: “Se Honda sta appena immergendo un dito del piede, Ford si sta tuffando nella parte più profonda della piscina delle elettriche”.

L’arma segreta

Già, i pick up. Oltre tre milioni di pezzi venduti ogni anno negli Usa e una fetta di mercato che Detroit occupa quasi interamente. Adesso che bisogna risparmiare per davvero sui consumi, il cassonato a batteria è la chiave del successo. Lo confermano i dati di prenotazione del F150 Lightning di Ford, la presentazione del Silverado, perfino la nuova faccia pulita dell’Hummer a batteria.agli altri, Rivian e anche Tesla coi suoi sogni squadrati, rimangono le briciole.

E la politica di incentivazione (proposta fino a 12.500 dollari sull’acquisto di un nuovo mezzo) per le aziende Usa che lavorino in ambienti sindacalizzati - roba che uno come Elon Musk ceo di Tesla vede come la sabbia negli occhi - è un altro tassello. “Sfavorisce i lavoratori americani non iscritti ai sindacati” hanno tuonato i big del Giappone, come se non avere un’organizzazione di tutela nei rapporti con il datore di lavoro alle spalle fosse un privilegio.

In realtà sembra proprio che il momento d’oro delle Case straniere - quando vetture come la Toyota Prius e la Honda Insight spopolavano anche tra i primi vip con l’attenzione all’ambiente - sono finiti. All’epoca la risposta dal Michigan, con idee come la Ford Fusion Hybrid e la Chevrolet Volt, faticavano a tenere il passo. Oggi è tutto differente.

L'importanza delle flotte aziendali

Lo scontro avviene anche su un altro piano, meno visibile al grande pubblico ma di fondamentale importanza, quello delle flotte aziendali.

I costruttori che in America chiamano “trapiantati”, cioè gli stranieri, dai giapponesi ai tedeschi, sono ancora maggiormente legati alla vendita al dettaglio, al singolo cliente e sono costretti - finché dura -  ad affidarsi ai suv di moda per tirare avanti. La vera forza delle Big Three sta proprio nell’essere le dominatrici del settore flotte  "I veicoli elettrici possono essere più rilevanti per questo tipo di mercato che per quello dei privati", ha detto Ed Kim, analista industriale di Auto Pacific.

"I veicoli delle flotte possono muoversi su percorsi più o meno fissi intorno alle 150 miglia ogni giorno (250 chilometri all’incirca) con una batteria più piccola e meno costosa. Poi possono caricare durante la notte quando le tariffe sono più economiche. Con i 12.500 dollari di incentivi proposti dal Congresso, una Ford Lightning, per esempio, si ripaga prima di un equivalente mezzo tradizionale”.

"Le flotte aziendali sono un vero mercato", ha detto il veterano analista di Wall Street Joe Phillippi, presidente di AutoTrends Consulting. “Mary Barra (Gm) e Jim Farley (Ford) hanno capito tutto. Hanno vendite massicce di camion e flotte di furgoni e possono sovvenzionare con quelli a benzina lo studio sui pick up a batteria. Nessun altro ha questa macchina da soldi e penso che Wall Street l’abbia capito”.

Certo ci sono molti altri fattori: la crisi dei chip che non si sa quanto durerà, la pandemia, le tensioni internazionali, i colpi di genio di Tesla e il sospetto che Elon Musk non sia un venditore (casomai un consumatore occasionale) di fumo. Ma ora la Motor City pare essersi messa decisamente in moto di nuovo.

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