Il Gpl è il combustibile alternativo più utilizzato in Italia e in Europa, nonché quello con la rete di distribuzione più sviluppata. Rispetto alle motorizzazioni tradizionali, unisce un buon risparmio per il consumatore (nonostante il recente aumento dei prezzi, causato dall’incremento nei costi delle materie prime) e un minor impatto ambientale, tanto che si parla di emissioni di CO2 inferiori fino al 23% rispetto a un benzina comparabile. Eppure, è anche tra le alimentazioni che più hanno accusato gli effetti della pandemia, come dimostra il fatto che nei primi 10 mesi dell’anno le immatricolazioni di auto a Gpl rimangono inferiori del 22,8% rispetto allo stesso periodo di due anni fa.
Ignorato tanto dalle politiche ambientali nazionali, quanto da quelle di Bruxelles, il comparto Gpl non è esente dall’incertezza provocata nei consumatori dalla proposta della Commissione di mettere al bando i motori a combustione entro il 2035. Preoccupazioni che trovano spazio nel rapporto “Valutazione degli impatti del settore del Gpl” commissionato da Assogasliquidi, Associazione nazionale imprese gas liquefatti (parte di Federchimica), dove si sottolineano i vantaggi della filiera per il sistema Paese.
Il rapporto
Il rapporto, realizzato dal team “Climate Change and Sustainability Services” del network di consulenza EY su un campione rappresentativo di aziende associate ad Assogasliquidi, pone l’accento sugli impatti diretti, indiretti e indotti del comparto Gpl, diviso nei tre settori autotrazione, combustione (ad esempio, riscaldamento e utilizzi domestici) e soci aggregati, in cui rientrano tutte le aziende terze che forniscono servizi attinenti al Gpl.
Prendendo in considerazione il solo settore dell’autotrazione si evince che lo scorso anno il comparto ha generato 150 milioni di euro di valore aggiunto, 36 milioni di contribuzione fiscale, per un livello occupazionale di 2.217 posti di lavoro. Tutti gli indicatori hanno risentito fortemente della pandemia e delle misure di lockdown rispetto al 2019, quando il valore aggiunto generato era di 228 milioni, la contribuzione ammontava a 55 milioni e il settore vedeva fino a 3.143 impiegati. Espresso in percentuali, l’effetto dell’epidemia si mostra in tutta la sua ampiezza: -21% nei consumi di Gpl, -4% di forza lavoro, -28% in valore aggiunto creato, -34% in termini di contribuzione fiscale, ma soprattutto il dato più allarmante, -53% per quanto riguarda gli investimenti.
Quest’ultima voce, secondo l’associazione di categoria, riflette anche il clima di incertezza alimentato dalle ultime politiche ambientali, che sembrano non lasciare spazio ad alcun tipo di combustibile fossile. “Ovviamente, le aziende evitano di investire se non hanno la certezza di rientrare delle cifre stanziate tra 10 o 15 anni. E questo è dannoso per l’innovazione, per lo sviluppo di tutte quelle soluzioni bio e rinnovabili che potrebbero aumentare la sostenibilità del Gpl” osserva Andrea Arzà, presidente di Assogasliquidi.
Le proposte
“Si intravedono timidi segnali di ripresa sui consumi del 2021 rapportati al 2019 per quanto riguarda il settore della combustione, ma continua il gap nel comparto auto. A maggior ragione, Governo e Istituzioni devono urgentemente introdurre le misure che da tempo proponiamo e che potrebbero compensare la perdita che si è prodotta negli ultimi due anni. Penso per esempio – spiega Arzà – alla nostra proposta di incentivo per la conversione a gas delle auto circolanti euro 4, 5 e 6 a diesel e benzina”.
“Accanto a queste misure di carattere urgente – ha continuato Arzà – è poi necessario intervenire sul pacchetto Fit for 55, rispetto al quale il settore dei gas vuole rappresentare parte della soluzione: ma per far sì che questo avvenga le previsioni vanno riviste per mantenere una fiscalità contenuta sui gas, introdurre il criterio della valutazione delle emissioni di CO2 in un’ottica Well to Wheel, oltre a rivedere il ban del motore endotermico al 2035. Come settore del Gpl siamo fortemente impegnati nello sviluppo di componenti bio che vadano a defossilizzare il carburante. Ma gli sforzi delle imprese in questo settore devono trovare il sostegno della politica”, conclude Arzà.