Tra tensioni e delusioni la Cop 26, la conferenza sui cambiamenti climatici di Glasgow, si avvicina alla conclusione. Circola già una bozza di dichiarazione finale nella quale si parla di taglio del 45% delle emissioni di CO2 entro il 2030 (rispetto al 2010). Un impegno che coinvolge, ovviamente, il settore automotive che, secondo le indiscrezioni, dovrebbe adeguarsi all’impegno a "lavorare affinché tutte le vendite di nuove auto e furgoni siano a emissioni zero, a livello globale entro il 2040, entro il 2035 nei principali mercati”, secondo quello che riporta la stampa internazionale.
Divisioni profonde
Uno scenario rispetto al quale, però, ci sarebbero differenze e distinguo molto importanti. Costruttori globali, - tutti comunque già incamminati sulla via della elettrificazione - come Volkswagen, e Toyota, ma anche Stellantis, Bmw, Nissan, Hyundai, sarebbero intenzionati a restare fuori. Toyota avrebbe espresso perplessità soprattutto pensando al mercato sud americano, che avrebbe difficoltà ad allinearsi a questo tipo di decisioni. Per Volkswagen i dubbi riguarderebbero soprattutto la necessità di rispettare le differenti esigenze dei vari mercati.
Sull’altro fronte troviamo due delle Big Three americane, Ford e General Motors - a loro volta lanciate nell'elettrificazione in particolare dopo la approvazione del programma federale "Build Back Better" - insieme a Daimler, Jaguar Land Rover, Volvo e i cinesi di Byd.
Tra i motivi di incertezza per coloro che avrebbero scelto di non sottoscrivere l’impegno ci sarebbero i dubbi espressi anche da alcuni governi, proprio quelli dei Paesi dove il mercato automobilistico è tra i più importanti: Cina, Stati Uniti (che potrebbe cambiare direzione all’ultimo momento) e la Germania che appare intenzionata a lavorare per lo sviluppo dei carburanti alternativi. Non si sa ancora quale sarà in proposito la posizione italiana.
In ogni caso nella dichiarazione finale non si parlerebbe di una data certa per lo stop ai carburanti fossili, in particolare a causa della opposizione di Paesi interessati al mercato del petrolio, come l’Arabia Saudita.