Dopo l’uscita di scena nel 1973 della 1800 ES, ultima versione shooting-brake di una vettura che ha avuto fortuna in particolare negli Usa (un modello venduto in America è addirittura nel Guinness per aver percorso oltre 5 milioni di chilometri), Volvo torna sul tema coupé nel 1977 presentando al Salone di Ginevra la 262C.
Questa volta non si tratta di una sportiva dallo stile autonomo, ma di una derivata direttamente dalle berline della Serie 200, cardine della gamma del marchio svedese e dalla forte identità che evoca robustezza piuttosto che slancio e dinamica.
Per lo sviluppo del progetto, l’amministratore delegato Per Gyllenhammer e il responsabile del design Jan Wilksgaard puntano inizialmente sul carrozziere Sergio Coggiola, già coinvolto ai tempi della 1800 ES, ma il prototipo realizzato verrà poi affidato alla Bertone che darà forma definitiva alla nuova vettura curandone anche l’assemblaggio.
Accorgimenti estetici
I tratti fondamentali dell’auto d’origine, la due porte 242/262, non vengono modificati, confermando la linea a tre volumi dall’impronta squadrata e un po’ massiccia, di “solida eleganza”, ma la parte superiore viene ribassata e il lunotto maggiormente inclinato, con vetri laterali posteriori di ridotte dimensioni. Il tetto è interamente ricoperto in vinile e sui corposi montanti sono pretenziosamente applicate, accento di esclusività, piccole corone reali. L’abitacolo, considerando l’abbondante lunghezza esterna che sfiora i 4,90 metri, offre spazio più che sufficiente per quattro persone, il vano bagagli è di buona capienza, vere poltrone i sedili e gli allestimenti sono di pregio.
Lusso nei rivestimenti in pelle e nell’uso abbondante della radica per plancia, tunnel e pannelli laterali, mentre la lunga lista di accessori standard comprende cerchi in lega, vernice metallizzata (unico colore il grigio), alzacristalli e retrovisori a comando elettrico, condizionatore e cruise-control. Grande riguardo, secondo la vocazione della casa, alla sicurezza “passiva”, dalla struttura della scocca ai paraurti, dai poggiatesta alle ampie imbottiture.
Motore francese
Ad equipaggiare la coupé, inoltre, il motore al top della gamma: il V6 PRV 2,7 litri in alluminio, frutto del lavoro comune di Volvo con Peugeot e Renault costruito in Francia a Douvrin, monoalbero a camme in testa e alimentazione ad iniezione. Un sei cilindri da 141 cavalli non troppo sportivo nel comportamento, accoppiato ad un cambio a quattro marce e overdrive oppure automatico a tre rapporti, capace comunque di spingere la pesante svedese (nell’ordine dei 1.400 chili) a velocità prossime ai 190 chilometri orari.
Tradizionali le altre caratteristiche tecniche: trazione posteriore, sospensioni posteriori a ponte rigido, freni a disco e sterzo servoassistiti, differenziale a slittamento limitato optional.
Gli aggiornamenti seguono quelli della normale Serie 200, con piccoli restyling, l’ampliamento della disponibilità di colori e l’abolizione della copertura in vinile. Nell’approssimarsi del termine della produzione, la cilindrata del motore salirà nel 1981 a 2,8 litri e la potenza a 154 cavalli.
Il mercato statunitense resta quello privilegiato e nei circa otto anni di vita la 262C supererà le 6mila unità vendute, passando il testimone nel 1985 alla 780, sempre con l’intervento della Bertone, anche diesel e in campo fino al 1990. Ultima coupé Volvo la C70 degli anni Duemila che non avrà eredi.