Presentata al Salone di Torino del 1974, la Fiat 131 è una tipica auto per le famiglie, piuttosto convenzionale nell’impostazione tecnica e neppure troppo originale dal punto di vista estetico. Nulla quindi di più lontano da un bolide da corsa, ma che verrà scelta per diventare un’arma potente nelle competizioni e in particolare nel Mondiale Rally: l’erede della spider trasformata in coupé 124 Abarth e addirittura di una regina come la Lancia Stratos. Una vettura destinata quindi alla difficile prova di difendere in gare prestigiose i colori del gruppo torinese. E ci riuscirà nel migliore dei modi.
Le ragioni commerciali, che spingono a promuovere un prodotto di gran serie piuttosto che lavorare su un modello in origine predisposto per le alte prestazioni, sulla scia di altri costruttori come Ford con la Escort, impegnano di nuovo il braccio sportivo Abarth in una sfida non certo delle più semplici. Un primo “laboratorio” estremo, che ricorda l’aspetto (e poco più) della versione due porte della berlina Fiat, è il prototipo 031 equipaggiato con il V6 portato a 3.500 centimetri cubici e 270 cavalli dell’ammiraglia 130 e che si impone, alla guida Giorgio Pianta, nel Giro Automobilistico d’Italia nel 1975.
Nasce un mito
Poi sarà la volta della 131 Abarth, da mettere in cantiere per il futuro agonistico al vertice nei rally, e non solo, che debutta nel 1976. I tecnici dello Scorpione agiscono per rendere già la base adatta ad ulteriori sviluppi in chiave agonistica e per realizzare i 400 esemplari necessari alla omologazione nel Gruppo 4.
La carrozzeria, sempre tre volumi due porte, è alleggerita utilizzando parti in materiale plastico, i passaruota sono allargati con codolini per ospitare i cerchi da 15 pollici, mancano i paraurti sostituiti da spoiler e abbondano le prese d’aria. Un insieme che trasfigura i tratti “borghesi” della 131, della quale viene comunque mantenuto il passo di 2,49 metri a fronte di una lunghezza dell’auto di 4,19 metri. Anche all’interno non mancano i richiami corsaioli, dai sedili contenitivi alla strumentazione, al volante.
Conservato lo schema a trazione posteriore, nella meccanica muta il disegno delle sospensioni posteriori, ora indipendenti, e l’impianto frenante è a quattro dischi servoassistito. Il motore quattro cilindri due litri ha parentele con i bialbero utilizzati da 132 e Lancia Beta, ma con distribuzione a 16 valvole e un carburatore doppio corpo maggiorato, mentre il cambio è un 5 marce ad innesti frontali. La potenza tocca i 140 cavalli e la velocità massima si avvicina ai 200 chilometri orari. Il prezzo, d’altra parte, per i privati che vogliono acquistare la 131 Abarth in versione “stradale” è superiore ai 9 milioni di lire, oltre tre volte il modello d’origine.
Per le gare, l’alimentazione passa all’iniezione per 215 cavalli, che via via saliranno fino a superare i 230, viene aggiunto il differenziale autobloccante e assetti, rapporti del cambio, freni e tutte gli elementi essenziali vengono adeguati.
Tante vittorie
La “cura” è talmente efficace da tradursi in un palmares importante: dopo l’esordio in prove nazionali, la Fiat si aggiudica tre Mondiali Rally Costruttori (1977, 1978 e 1980) oltre a due Piloti (Alen nel 1978 e Rohrl nel 1980), affermandosi ovunque: dal Mille Laghi al Montecarlo e non dimenticando neppure ottimi risultati in pista.
A partire dal 1982 il testimone passerà alla Lancia 037, tornando così ad un mezzo realizzato specificamente per l’impiego sportivo e, a sua volta, vincente. Ma l’Abarth, tra il 1981 e il 1983, tornerà comunque sul tema 131 firmando una serie limitata, non destinata all’agonismo, della Racing due porte e della quattro porte Supermirafiori equipaggiate con un due litri dotato di compressore volumetrico da 140 cavalli e velocità di 190 chilometri orari.