Ultimo aggiornamento  06 giugno 2023 12:38

Jean-Paul Belmondo, una carriera a quattro ruote.

Linda Capecci ·

L'attore Jean-Paul Belmondo, volto simbolo della Nouvelle Vague francese, si è spento a 88 anni nella sua casa di Parigi. La sua carriera cinematografica è stata leggendaria: attore protagonista in opere di registi fondamentali come Jean-Luc Godard, François Truffaut e Jean-Pierre Melville, la verve brillante e dispettosa di Belmondo sembrava scritta proprio per il cinema d'azione e il suo volto asimmetrico per i ruoli da "irregolare". Spesso nei suoi film ha recitato anche a bordo di quattro ruote diventate, come lui, l'immagine stessa di quella stagione della settima arte.

E' facile ricordarlo al volante di auto rubate sul grande schermo, già dall'incipit del film-manifesto della Nouvelle Vague "Fino all’ultimo respiro"(1960), primo lungometraggio di Godard, in cui lo vediamo - sigaretta in bocca - premere sul clacson e imprecare contro chi tenta di superarlo.

Un garage invidiabile

Ma Belmondo amava le auto anche nella vita reale. Una passione per i motori e la velocità che avrebbe trasmesso allo stesso figlio Paul Alexandre Belmondo, ex pilota che vanta anche una breve incursione nel mondo della Formula 1.

Nato nel 1933 a Neuilly sur Seine, alle porte di Parigi, Jean-Paul Belmondo aveva origini italiane e tra le vetture che più amava c'era proprio una splendida Ferrari 250 GT, una delle quattro ruote più desiderate dalle stelle del grande schermo. Nel suo garage avrebbe parcheggiato anche Ferrari California, 308 GTS, Dino, Aston Martin DB5, AC Bristol e Lotus. Una esistenza vissuta a tutta velocità, da spericolato: "Fare le scale a 60 chilometri all'ora è solo questione di abitudine", dichiarò ironicamente una volta. Vero, ma solo nella finzione cinematografica.

Gli inseguimenti più amati

Dopo aver preso la patente nel 1955, Belmondo avrebbe premuto sempre l'acceleratore e girato scene diventate simboliche a bordo di diverse automobili. Molti lo ricordano al fianco di una giovane Catherine Deneuve a bordo di decappottabili Citroën e Renault in "La mia droga si chiama Julie"(1969) diretto da François Truffaut. In realtà tra le sequenze al volante che l'attore aveva più amato c'erano il lungo inseguimento con Omar Sharif ne "Gli scassinatori" (1971) di Henri Verneuil, quello sulle scale su una Fiat Ritmo in "Flic ou Voyou"(1979) di Georges Lautner e l'incredibile car chase a bordo di una Mustang - tributo a Steve McQueen - in "Le marginal" (1983) di Jacques Deray, di cui l'attore fu tra l'altro produttore esecutivo. 

Sequenze che sono diventate proverbiali e che ci faranno ricordare per sempre un attore simbolo e il suo amore per le quattro ruote.

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