Apparsa sulla scena nel 1959, la Mini della British Motor Corporation ha rivoluzionato il concetto di utilitaria, stabilendo nuovi parametri e costringendo la concorrenza ad un inevitabile confronto. In patria è il gruppo Rootes ad accettare la sfida, tra l’altro in un momento non facile della situazione aziendale, puntando ad evitare l’imitazione e cercando una propria formula autonoma sia dal punto di vista tecnico che stilistico.
Con il marchio Hillman nasce così nel 1963 la Imp, progettata seguendo un percorso completamente diverso dalla rivale, per certi aspetti più tradizionale ma non privo di prerogative degne di nota per la categoria. Il “folletto” di casa Rootes sceglie lo schema opposto alla Mini, e maggiormente utilizzato all’epoca per le piccole vetture, con motore e trazione posteriori, mentre per la carrozzeria a due porte, due volumi e mezzo, si guarda alle linee a “saponetta” dell’americana Chevrolet Corvair, ispiratrice all’epoca di vari modelli prodotti in Europa. Originale però, e utile, il lunotto apribile per collocare qualche bagaglio anche nella parte posteriore dell’abitacolo considerando la modesta capienza del vano anteriore.
Meccanica di tutto rispetto
Lunga 3,53 metri, una cinquantina di centimetri in più rispetto alla Mini, la Hillman offre spazio sufficiente a quattro persone e non eccelle nella qualità degli allestimenti, ma è soprattutto sul fronte della meccanica che riesce a dire la sua.
Dagli accenti sportivi il motore, un quattro cilindri di 875 centimetri cubici in alluminio e monoalbero a camme in testa, non a caso frutto della collaborazione con la Coventry Climax, riferimento d’eccellenza nel mondo delle competizioni, Formula 1 compresa. Si aggiungono ben disegnate sospensioni indipendenti a bracci oscillanti e cambio a quattro marce sincronizzate, ma l’impianto frenante è a semplici tamburi.
Figlia del nord
Costruita in Scozia, nelll'impianto di Linwood, e proposta inizialmente in due versioni, con potenze rispettive di 39 e 42 cavalli, la Imp si distingue nel panorama delle utilitarie per un certo temperamento, con velocità massima che può raggiungere i 130 chilometri orari e ottime doti in accelerazione e ripresa in rapporto alla cilindrata. Premesse per l’impiego agonistico, in particolare nei rally dove comunque non eguaglia i risultati delle Mini Cooper, e per l’estensione della gamma a versioni più spinte e meglio equipaggiate.
Nel 1964 si affianca la Chamois con il marchio Singer, sempre appartenente al gruppo Rootes, sorella dai toni più eleganti, e nel 1965 è la volta delle Imp e Chamois Rally di 998 centimetri cubici, doppio carburatore e 65 cavalli. L’anno successivo arrivano la coupé Californian, modificata esteticamente soltanto nel tetto spiovente, oltre alle Imp GT e Chamois Sport da 55 cavalli che si distinguono per la doppia coppia di fari anteriori e assetti rivisti.
Ultima della famiglia la coupé Stiletto firmata Sunbeam, mentre matura il passaggio del gruppo alla Chrysler che prolungherà la carriera della Imp fino al 1976, nonostante gli esiti commerciali non troppo favorevoli. In Italia la britannica non riuscirà mai a mettersi in evidenza, scontando già al lancio un prezzo di 995mila lire, superiore a quello di auto di segmento più alto come la Fiat 1100.