Valentino Rossi vorrebbe correre la 24 Ore di Le Mans. Non quella del Nurburgring, o il Gp di Monaco, e nemmeno la 500 Miglia di Indianapolis. Le Mans. Il nome della gara francese è stato il primo che il campione del motomondiale ha messo a fuoco parlando del proprio futuro, quando emozionato - e comprensibilmente ancora confuso da ciò che stava succedendo - ha annunciato il proprio ritiro dalle corse su due ruote, e l’inizio di quello che ha tutto l’aspetto di una nuova vita.
"Mi sento un pilota e penso lo resterò per sempre. Adoro correre con le macchine, credo che farò questo dall'anno prossimo, ma dobbiamo ancora definire questa decisione. Mi piacerebbe correre nella 24 Ore di Le Mans, ci sono tante gare in giro per il mondo, penso di potermi divertire" ha commentato il campione di Tavullia.
Un must tra i piloti
Un’altra celebrità che incappa nel fascino della 24 Ore più antica (è nata nel 1923) e famosa al mondo, una gara tanto impegnativa quanto glamour, al cui richiamo sono da sempre particolarmente sensibili due categorie: quella dello show business e quella dei piloti “outsider”, che provengono da altre discipline del motorsport. E’ questo il caso di Valentino Rossi, che avrà citato la 24 Ore non solo per una questione di charme.
Il “dottore” ha infatti guidato più volte monoposto di Formula 1 e vetture da rally (vincendo 7 volte il Monza Rally Show), ma il suo successo più recente (e più importante) a quattro ruote è stato proprio nell’endurance, essendosi classificato al primo posto nella categoria PRO AM della 12 Ore del Golfo del 2019, su una Ferrari 488 GT3.
In generale nelle corse di durata lo sforzo fisico e la performance richiesta a un pilota sono meno concentrate rispetto a discipline come la Formula 1, pur trattandosi di gare altrettanto emozionanti. Se a ciò si aggiunge che la 24 Ore di Le Mans è forse l’unica gara al mondo che ha un risalto simile a quello dei principali Gran Premi di Formula 1, ecco spiegato perché molti ex della massima serie si lasciano attrarre dal Campionato del Mondo Endurance (WEC), dove oggi troviamo “vecchie conoscenze” del circus come Juan Pablo Montoya, Giancarlo Fisichella e Sebastien Buemi, senza dimenticarsi ovviamente di Fernando Alonso, che passa con nonchalance dalle monoposto ai prototipi a ruote coperte.
Un evento mondano
Ma come dicevamo, l’anima della 24 Ore è duplice. Oltre a essere una sfida che attira i piloti professionisti, Le Mans è diventata un fenomeno di costume, uno status symbol, un appuntamento immancabile per chiunque aspiri a essere considerato - in maniera un po’ rétro - un vero “gentlemen driver”. Ogni anno al via sul circuito de la Sarthe (l'edizione 2021 partirà il prossimo 21 agosto) si trovano decine di imprenditori, miliardari, attori, cantanti e altri personaggi che considerano il motorsport come un hobby molto esclusivo.
Tra i più famosi ad aver gareggiato a Le Mans citiamo l’attore Patrick Dempsey, il batterista dei Pink Floyd Nick Mason, il calciatore Fabien Barthez e, in tempi più lontani, Mark Thatcher (figlio di Margaret) nel 1980 e il mitico Paul Newman nel 1979. Proprio il mondo del cinema ha contribuito particolarmente ad alimentare l’epica di Le Mans a partire dagli anni '70, quando è emersa una cerchia di star di Hollywood composta, oltre che da Newman, da Steve McQueen, James Garner e James Coburn. Personaggi di tendenza, che a molti americani ricordavano l'icona James Dean, perchè oltre a essere attori di successo e sex symbol, erano anche piloti appassionati.
Quando nel 1970 “the king of cool” McQueen, dopo alcune gare secondarie, rivolse la sua attenzione alla 24 Ore di Le Mans l’eco fu enorme, e venne ulteriormente amplificata dai successivi sviluppi: l’attore rinunciò a gareggiare perché ingaggiato da Lee Katzin per il film del 1971 “Le 24 Ore di Le Mans”, di cui molte scene furono girate proprio durante la gara. A differenza di Newman, quindi, McQueen guiderà a Le Mans solo nel film e mai nella realtà perché, pur essendosi riproposto di tornare a la Sarthe da pilota iscritto, morì nel 1980 senza riuscire mai a realizzare il suo sogno.
Un passato epico
Un rimpianto che concorrerà a creare il mito di una gara agognata e maledetta, almeno quanto fecero in passato episodi come la “guerra” tra Ford e Ferrari (su sui è stato realizzato di recente il film “Le Mans ’66 – La Grande Sfida”), o la tragedia del 1955, considerata ancora oggi l’incidente più grave avvenuto in una corsa automobilistica.
E poi la partenza in stile Le Mans, con i piloti che corrono incontro alle vetture allineate sull'altro lato della pista, mentre Jacky Ickx nel 1969 passeggia verso la sua auto e si allaccia con cura le cinture prima di partire, in segno di protesta contro un'usanza pericolosa (e infatti poi abolita). Insomma, la 24 Ore di Le Mans ha fascino da vendere, e se Valentino Rossi se ne sente attratto non possiamo che capirlo.