Ultimo aggiornamento  23 marzo 2023 15:19

Europa, la pandemia frena gli investimenti "verdi".

Patrizia Licata ·

Il Covid-19 ha spinto le città dell’Europa a modificare le priorità di spesa in infrastrutture, favorendo quelle digitali (come la rete Internet) a scapito di quelle per la transizione verde, come le piste ciclabili e le colonnine per la ricarica delle auto elettriche. Un paradosso per l’Unione europea che, con la strategia Green New Deal e il piano di investimenti Next generation Eu, ha affidato alla transizione green un ruolo equivalente a quello dell’innovazione tecnologica ai fini della crescita economica.

Lo sottolinea il nuovo studio della Bei (Banca europea degli investimenti) intitolato “The state of local infrastructure investment in Europe”. L’analisi si basa sul sondaggio condotto in 685 amministrazioni comunali dell’Unione tra maggio 2020 e agosto 2020 in merito ai piani di investimento infrastrutturali.

Città “a secco”

Negli anni 2017-2019 gli investimenti infrastrutturali erano in crescita per il 63% delle città europee, anche se molte lamentavano un’insufficienza di risorse rispetto alle necessità. Le città meridionali erano le più “a secco”: per esempio, il 61% considerava scarsi i soldi da investire nei trasporti, contro una media europea del 46%.

Il Covid-19 ha esasperato le carenze emerse negli anni pre-pandemia. Un terzo delle amministrazioni locali dell’Ue (ma sono il 40% in Sud Europa) ha modificato le priorità di spesa per il 2020-2025, mandando in cima alla lista le infrastrutture digitali (come le reti di telecomunicazione in banda ultra-larga) e le infrastrutture sociali (come scuole e ospedali) e mettendo in secondo piano la lotta al cambiamento climatico e i trasporti pubblici.

Il Sud Europa è indietro.

L’impatto negativo della pandemia sugli investimenti in mobilità sostenibile al 2025 è più marcato nelle città del Sud Europa. L’infrastruttura urbana è prioritaria per il 43% delle amministrazioni locali della parte meridionale del vecchio continente contro una media europea del 50%. Per il 43% delle città del sud si tratta di ammodernamento e adattamento di opere esistenti; la creazione di nuove infrastrutture (strade, piste ciclabili, colonnine per la ricarica elettrica, linee della metropolitana) è nei piani solo del 20% (la media continentale è del 28%). Più della metà delle città meridionali non prevede di realizzare una mappa del proprio impatto ambientale di qui al 2025; in Europa lo prevede il 40%.

Le strategie per la mitigazione o l’adattamento rispetto alle conseguenze del cambiamento climatico sono nelle priorità di spesa, rispettivamente, del 57% e del 56% delle città del Sud Europa contro una media del 71% e del 68%. Eppure le stesse città del sud vedono la nuova economia a zero emissioni come un’opportunità di crescita: lo dice quasi il 40% contro una media europea del 27%. Il Green new deal europeo ha l’obiettivo di portare il nostro continente a un impatto climatico zero entro il 2050.

Meno soldi per gli autobus, più per Internet

Ma perché le nostre città tornano indietro sugli investimenti nei trasporti e nella mobilità sostenibile? Il sondaggio della Bei parla chiaro: non ci sono abbastanza soldi per fare tutto e la pandemia ha dimostrato che il digitale viene prima. Smart working, didattica a distanza, spesa online, Tv in streaming, prenotazioni mediche via web non possono fare a meno della connettività fissa e mobile. Allo stesso tempo la pandemia ha ridotto gli spostamenti in città, facendo “dimenticare” la rilevanza di strade, mezzi pubblici e stazioni di ricarica per i veicoli a batteria.

Male, perché il Piano di ripresa e resilienza europeo (il cosiddetto Recovery fund) ha messo a disposizione ampie risorse per i progetti verdi come base della futura crescita economica. Lo stesso Piano nazionale ripresa e resilienza (Pnrr) dell’Italia, che attingerà ai fondi europei, punta alla transizione ecologica con 18,22 miliardi stanziati per la mobilità (dall'idrogeno verde alle energie rinnovabili fino alle ciclovie).

Spunti di riflessione per governo e giovani

Ma la mancanza di fondi, citata dal 69% delle città dell’Unione non è l’unico ostacolo agli investimenti green. La mobilità elettrica e la nuova pianificazione urbana hanno bisogno anche di competenze e di una burocrazia snella. E le città dell’Europa, da nord a sud, lamentano gli stessi problemi: processi di approvazione dei progetti troppo lunghi (25%), normativa complessa o farraginosa (28%), mancanza di professionisti dell’economia sostenibile (21%) capaci di pianificare e spendere per la nuova mobilità. Compiti per i governanti e per le giovani generazioni che entrano nel mondo del lavoro.

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