E' il giorno di Italia-Inghilterra, finale di un combattuto campionato europeo di calcio, una partita che mette di fronte due scuole e due grandi tradizioni sportive, come è stato spesso nel tempo anche in campo automobilistico. Approfittiamone allora per ricordare una sfida antica, ma che ancora oggi divide gli appassionati, quella tra tra due spider, icone degli anni Sessanta e poi a lungo sulla breccia, che hanno rappresentato al meglio lo spirito di due marchi diversi ma animati dalla stessa vocazione: la MG B e l’Alfa Romeo Duetto.
Questione di stile
La britannica, quando viene presentata al Salone di Londra del 1962, ha una “formazione” rivoluzionaria per la casa di Abingdon rispetto alla precedente A, modello molto amato: non solo nella linea, sobria, elegante e nettamente più moderna, ma soprattutto per la scocca portante e per l’attenzione, prima trascurata, alla vita di bordo, dallo spazio abitabile alla funzionalità della capote.
Anche per l’italiana la missione è difficile: la nuova “squadra” non deve far sentire la mancanza della Giulietta Spider, vettura straordinaria per la bellissima linea firmata Pinin Farina e per la meccanica raffinata. E la carrozzeria piemontese riuscirà di nuovo a stupire nel 1966 riprendendo i tratti di futuristiche dream-car e proponendo una discussa ma intrigante forma, che verrà definita ad “osso di seppia”.
Sportive d'eccellenza
Gli allestimenti sono di tono sportivo per entrambe e, se la qualità costruttiva non eccelle, la B può vantare il pregio di rivestimenti in pelle e le classiche ruote a raggi fra gli optional. L’Alfa deve invece rinunciare al nome Duetto, scelto attraverso un concorso e abbandonato a causa dell’omonimia con una merendina al cioccolato, per diventare soltanto Spider.
Sul fronte tecnico, lo schema di base a motore anteriore e trazione posteriore è lo stesso, però possiamo dire che la MG gioca preferibilmente in difesa mentre la rivale è decisamente per l’attacco. L’inglese è conservatrice nelle sospensioni, ha i freni a disco solo davanti e il cambio è un quattro marce con prima non sincronizzata cui si aggiunge il tranquillo overdrive. Sotto il cofano un quattro cilindri 1.800, con due carburatori monocorpo, d‘impostazione vecchiotta e con 95 cavalli, sufficienti comunque per prestazioni di un certo tono.
L’italiana è equipaggiata con il bialbero 1.600 ripreso dalle Giulia, rafforzato da due carburatori doppio corpo, e i 109 cavalli consentono di superare i 180 chilometri orari. Sospensioni, sterzo, quattro freni a disco e un cinque marce di proverbiale manovrabilità completano un quadro di assoluta eccellenza sportiva per l’epoca. Semmai, la B può rifarsi con il contropiede di un’ottima elasticità di marcia e dei consumi, bassi per la categoria.
Tempi supplementari
Estremamente longeve, le due vetture si evolveranno in serie successive senza perdere la propria identità. La MG verrà affiancata da una riuscita variante coupé GT e potrà montare un sei cilindri in linea tre litri e addirittura un V8 3,5 litri di provenienza Rover. L’Alfa arriverà ai due litri e all’alimentazione ad iniezione, ma non mancherà una Junior 1.300.
L’importante mercato americano sarà causa di qualche calcio di rigore subito: l’estetica della B verrà deturpata da brutti paraurti in materiale plastico a partire dal 1974 e l’italiana, che già aveva adottato dal 1969 una meno anticonformista coda tronca, dovrà fare i conti anche lei con inutili orpelli in sintetico. A rimettere a posto le cose per la Spider del Biscione penserà ancora una volta Pininfarina nel 1989, restituendole classe e fascino.
La sfida per la MG si chiude nel 1980, vincendo il campionato almeno dal punto di vista delle vendite, con oltre mezzo milione di unità (per superare il record bisognerà attendere la Mazda MX5), mentre l’Alfa andrà avanti fino al 1994 sfiorando le 125mila unità, ma in fatto di temperamento la coppa è sua. Le tifoserie, d’altra parte, se guardiamo al mondo delle auto d’epoca, sono oggi più attive che mai e il match continua.