Era il 1971 quando Georg von Opel accese per la prima volta i motori della Elektro GT sul circuito tedesco di Hockenheim. Il pronipote di Adam, il fondatore della casa automobilistica tedesca oggi nel gruppo Stellantis, era convinto che la trazione elettrica potesse avere grande futuro, anche nel settore delle auto sportive. Per provarlo gli ingegneri di Russelsheim avevano realizzato questo prototipo unico. La straordinaria vettura era dotata di due motori elettrici Bosch con potenza massima di 118 chilowatt posizionati nella parte anteriore, alimentati da 4 batterie al nichel cadmio.
L'aerodinamica al centro
L’elettrificazione dava la possibilità di utilizzare un cofano anteriore piatto: spariva, dunque, il rigonfiamento tipico della GT, insieme a paraurti, specchietti laterali e maniglie esterne, in un design che nasceva per toccare i vertici dell’aerodinamica.
Anche lo spazio nell’abitacolo era ridotto, sufficiente per il solo guidatore. Tutto il resto era sacrificato ai giganteschi accumulatori elettrici, forniti dalla Varta e che pesavano complessivamente 590 chili, più della metà della vettura intera, che arrivava a 960.
Sulla pista fioccano i risultati. La Elektro GT raggiunge i 188,9 chilometri orari di velocità massima, coprendo il chilometro lanciato in 19 secondi e quello con partenza da fermo in poco più di 31. Le prove vennero ripetute in più giorni e l’elettrica tedesca aggiunse ai primati già conquistati anche quelli sui 10 chilometri (4 minuti e 7) e sulle 10 miglia (7,3), oltre a quello sui 500 metri con partenza da fermo (19,3 secondi) e sul quarto di miglio (16,9).
Tradizione di famiglia
L’audace scommessa di Georg von Opel proseguiva la tradizione della sua famiglia. Tra il 1927 e il 1929, in tempi di grande sviluppo per il marchio fondato nel 1862, suo cugino Fritz aveva infranto il record di velocità in circuito (238 chilometri orari) con una vettura appositamente progettata e azionata da razzi.