La formula della coupé per famiglia, un modo d’intendere l’auto sportiva a prezzi abbordabili senza penalizzare troppo spazio e comfort, è ancora di buon successo commerciale all’inizio degli anni Settanta. Si contendono il mercato vetture come la Ford Capri, la Opel Manta o la Fiat 124 Sport, poi seguiranno 128 Sport e Volkswagen Scirocco, tutte derivate dalla gran serie ma dalla personalità molto differente dai modelli d’origine. Anche la Renault è della partita tornando sul tema, dopo l’uscita di scena della anziana Caravelle, con la 15 e la 17, due proposte dagli accenti diversi pur realizzate su una base comune, quella della berlina 12 apparsa nel 1969.
Avanguardia nel design
Le coupé francesi, presentate al Salone di Parigi del 1971, puntano molto sul design, frutto del lavoro di un centro stile rinnovato e affidato in gran parte a giovani talenti, diretto da Gaston Juchet. La 15, rivolta ad un pubblico che guarda più all’aspetto che alle prestazioni, ha forme slanciate e grandi superfici vetrate, mentre la 17 (in Italia 177 per evitare “scongiuri”) alza di più i toni, con doppi fari rotondi invece che singoli rettangolari ed è resa meno luminosa dai massicci montanti laterali, alleggeriti comunque da ampie feritoie prese d’aria. Moderne e originali, entrambe adottano, per la prima volta su auto a larga diffusione, un fascione posteriore paraurti in plastica, materiale che diventerà poi prerogativa per le protezioni della piccola Renault 5 e successivamente di uso comune per tutti i costruttori. Della gamma fa parte inoltre anche una versione dal lungo tetto apribile in tessuto, che scopre completamente la parte superiore creando un effetto da cabriolet.
Spazio a sufficienza
Ottime le caratteristiche funzionali per il tipo di carrozzeria e in rapporto alle dimensioni (lunghezza di 4,26 metri). Sono sportive che offrono un abitacolo soddisfacente per quattro persone e un bagagliaio abbastanza ampio e dal facile accesso grazie al portellone, assente nella quasi totalità delle dirette concorrenti. Curata la plancia, con quattro strumenti circolari dalle pronunciate palpebre antiriflesso, ma gli allestimenti in generale sono al livello dei modelli di massa della casa francese.
Alle qualità estetiche decisamente anticonformiste non corrisponde una meccanica altrettanto d’avanguardia. L’impostazione è priva di sorprese, con trazione anteriore e sospensioni posteriori ad assale rigido, mentre l’impianto frenante a quattro dischi e il cambio a cinque marce sono destinati alla sola variante di vertice 17 TS 1.600 ad iniezione da 108 cavalli. Le 15 e la 17 TL si accontentano di un 1.300 da 60 cavalli e di un 1.600 a carburatore da 90 con cambi a quattro marce e dischi anteriori. Di conseguenza, il temperamento delle vetture differisce molto e la velocità massima va da 150 a 180 chilometri orari. Denominatore comune però un comfort e un comportamento paragonabili alle migliori berline di fascia media.
Nel corso della vita produttiva arriveranno il cambio automatico e motori 1.600 aggiornati, un restyling nel 1975 e il debutto dei sedili cosiddetti a “petalo”, comodissimi e che verranno estesi ad altre vetture del Gruppo. Ci sarà una TS Gordini, evocativa ma senza aumenti di potenza, e la 17 non avrà risultati agonistici di rilievo. Buona la diffusione, con un tentativo sfortunato negli Usa, a quota 300mila unità vendute fino al 1979, quando entrerà in scena l’erede Fuego, dal nome quanto mai aggressivo ma sempre dall’impostazione non estrema.