Se mai Enzo Ferrari fu sfiorato dal dubbio di inserire nella gamma delle sue vetture un modello a quattro porte questo avvenne di fronte alla concept presentata dalla Pininfarina al Salone di Torino del 1980. Mancò un seguito produttivo, ma la Ferrari Pinin, nata per celebrare il cinquantenario della celebre carrozzeria piemontese, resta esempio concreto di una bella occasione perduta. Troppo oneroso e rischioso, si valutò all’epoca, allestire qualcosa di completamente diverso dalla tradizione sia dal punto di vista industriale sia d’immagine. E dovranno passare oltre quarant’anni per far cadere il tabù, nell’attesa dell’ormai imminente lancio della crossover Purosangue.
Berlina dai tratti classici ed elegantissimi, firmati da Leonardo Fioravanti e Piero Ottina, la Pinin ha forme slanciate per una lunghezza che supera i 4,80 metri e accenti inediti per un’auto di Maranello, come l’ampia calandra anteriore a maglie larghe dal taglio verticale, i fari pluriparabolici della Carello, i cerchi a cinque raggi elico-stellari o le sottili luci posteriori. La tinta argento metallizzato è in sintonia con il carattere che vuole unire alla personalità sportiva l’impronta del lusso e del comfort.
Come un salotto
L’interno è un raffinato salotto rivestito del tutto in pregiata pelle Connolly, studiato per ospitare nella massima comodità quattro persone. La plancia accoglie una strumentazione allora tecnologicamente d’avanguardia della Veglia Borletti, mentre il tunnel-consolle centrale si estende fino ai posti posteriori dove, soluzione molto originale, è sormontato da due maniglie d’appiglio per i passeggeri.
Realizzata per essere un esemplare da esposizione non marciante, la Pinin è incompleta per quanto riguarda le parti meccaniche. La telaistica di base è quella a passo allungato della coupé 2+2 400, la Ferrari più grande in listino al momento, e il motore, sempre a 12 cilindri, è però il “boxer” di derivazione BB privo di alcune componenti. Soltanto abbozzati anche gli altri elementi fondamentali, dalle sospensioni all’impianto frenante.
Nonostante il limite “statico”, il fascino di questa berlina esclusiva suscita notevole interesse nel suo percorso tra un’esposizione e l’altra a livello internazionale, per approdare nella collezione del belga Jacques Swaters, già pilota e concessionario del Cavallino. Sarà successivamente Gabriele Candrini, della modenese Autospeak, ad acquistare nel 2008 la Pinin con l’idea di metterla su strada. Nel progetto viene coinvolto il miglior partner possibile, l’ingegnere Mauro Forghieri protagonista di stagioni epiche per la Ferrari, diventato patron della Oral Engineering e che si impegna a rispettare il più possibile le specifiche d’origine.
Ricostruita con estrema cura in ogni dettaglio, la vettura viene equipaggiata con il 4,9 litri da 360 cavalli della Testarossa, accoppiato al cambio a cinque marce della 412 GT e con sospensioni autolivellanti, prendendo finalmente vita e dimostrando la validità della proposta iniziale. Un ulteriore passaggio di proprietà porta in tempi recenti la Pinin negli Stati Uniti, apprezzata come pezzo unico dall’altissimo valore storico.