I volanti sembrano destinati a sparire con l'avvento della guida autonoma, anche se ci vorrà ancora del tempo. Così si vede ogni tanto qualche evoluzione, come l'ultimo montato da Tesla sulla nuova berlina elettrica Model S, a tre razze, a metà strada fra quello di una monoposto F1 e la cloche di un aereo. Qualcosa di simile era apparso su alcune concept car del passato, il più delle volte inteso come puro esercizio di stile. Qui una selezione di quelli più originali, prima che vengano eliminati del tutto.
Creatività in stile Mazda
La Mazda MX-03 presentata al Salone di Tokyo del 1985, era concept di una coupé ricca di esuberanza stilistica nelle forme della carrozzeria e in quelle dell'abitacolo dove spiccano display digitali e un volante mai visto prima di allora. Si trattava di una cloche come quelle presenti nelle cabine di pilotaggio degli aerei.
Sempre di Mazda è un'altra concept car, la MX-81 Aria del 1981. Ancora una volta, a stupire era l'inedito volante, considerato la vera peculiarità della vettura: al posto della tradizionale corona circolare, delle razze e del piantone, c’era una sorta di cintura di forma rettangolare che correva intorno al quadro strumenti, al centro uno schermo a colori su cui venivano mostrate tutte le informazioni del veicolo. Il progetto portava la firma dello studio italiano Bertone che, con la matita di Marc Dechamps, diede vita a qualcosa di unico.
Come in un videogame
Sempre negli anni '80, la definizione di nuovi concetti di utilizzo porta la firma dell'Italdesign di Giugiaro che nel 1986 presenta la Oldsmobile Incas. Se il prototipo si rifà nel look alla Lancia Medusa (1980), negli interni l'ispirazione è tutta rivolta ai viaggi spaziali e all'esperienza dei primi videogame. Entrando nell'abitacolo, risulta pressoché impossibile non notare una curiosa cloche ricoperta di comandi. Come se lo stilista avesse progettato il sistema di guida sulla base di ricerche di mercato secondo le quali le nuove generazioni dell'epoca avrebbero preferito un volante di quel tipo rispetto a uno tradizionale.
Scanner per le impronte digitali
Diverso per forma, ma uguale per carica innovativa è il volante della Bmw Z22 del 1999, concept car con carrozzeria a metà fra una berlina e una monovolume con a bordo “61 novità brevettate a livello di costruzione, materiali e sistemi di bordo”. Il classico sterzo sferico è sostituito da uno più piccolo e squadrato sul quale debuttano sistemi come il lettore di impronte digitali finalizzato all'accensione della vettura.
“L'elettrica senza volante”
Dodici anni dopo, la Honda al Motorshow di Tokyo nel 2011 porta una show car ricordata soprattutto per gli interni anticonvenzionali: si chiama Ev-Ster, meglio conosciuta come “l'elettrica senza volante”.
Il prototipo è un tripudio di tecnologia, sia dentro che fuori. Aperta la portiera - quella stranamente è tradizionale – il primo elemento su cui si posa lo sguardo è l'innovativo sterzo che, come nel caso della connazionale Mazda, ricorda vagamente la cloche di stampo aeronautico: per direzionare il mezzo ci sarebbero “due leve facili da manovrare”, come riportava una nota stampa del costruttore. A fare da contorno, dispostivi touchscreen e un software per monitorare la potenza del motore e il settaggio delle sospensioni.
La scelta di utilizzare due joystick da astronave in sostituzione del volante è stata adottata anche da Hyundai con la concept Prophecy del 2020. In quel caso, però, le leve a forma di maniglia erano distanziate fra loro, una a destra e l’altra a sinistra del sedile di guida. Pronte per il decollo.
Esperimento numero uno
Una delle più vecchie sperimentazioni stilistiche che hanno per protagonista il volante risale al 1965 quando a bordo di una Mercury venne installato il Wrist-Twist, un sistema che consisteva in due piccoli volanti collegati fra loro con cui i progettisti di Ford intendevano sostituire lo sterzo convenzionale. A detta degli esperti, le sue dimensioni ridotte agevolavano l'ingresso del conducente e offrivano una maggiore visibilità sulla strada.
Non era della stessa opinione Alex Markovich di Popular Mechanics, mensile statunitense dedicato alla tecnologia, che provò l'auto su un percorso urbano e descrisse così l'insolita guida: “La visibilità era splendida, ma mi mancava l'appoggio del volante. Mi sono sentito come un astronauta”. Un anno dopo, sulla stessa rivista si leggerà: “Le probabilità che in futuro il sistema possa entrare in produzione sono ancora molto scarse”. Era appena nata, senza volerlo, una nuova concept car.