Ultimo aggiornamento  28 marzo 2023 18:02

Mazda MX-03, il meglio in una concept.

Angelo Berchicci ·

Invertendo l’ordine dei fattori il prodotto non cambia. E’ questo che devono aver pensato gli ingegneri Mazda nello scegliere il nome della loro suv elettrica MX-30, che ricorda – a cifre invertite – quello di una concept di 35 anni prima, la MX-03. Pur sotto forme diverse (la MX-03 era una coupé con motore Wankel), entrambe le auto rappresentano il massimo livello tecnologico raggiunto dal costruttore giapponese, oggi come allora.

Una gara tecnologica 

La sigla MX per Mazda ha un’importanza particolare, in quanto indica un’auto concepita per vincere una sfida. Ad esempio, la più famosa della famiglia - la MX-5 del 1989 - ha dimostrato che, grazie a leggerezza e semplicità, era possibile recuperare l’autentico piacere di guida. La MX-03 Concept del 1985 si pone esattamente agli antipodi. Il suo obbiettivo era stupire, riunendo tutto il meglio che Mazda potesse concepire sul piano meccanico, tecnologico e aerodinamico.

A metà anni ’80 il Giappone era al culmine di un miracolo economico che lo aveva portato quasi a eguagliare gli Usa. L’euforia avrebbe condotto, di lì a poco, a una disastrosa bolla speculativa sul mercato azionario, ma al Salone di Tokyo del 1985 la crescita sembrava ancora inarrestabile.

Il tema dell’evento - il 100esimo anniversario del motore a scoppio e i veicoli di nuova generazione – diede vita a una gara tecnologica tra i costruttori giapponesi. Decisa a rubare la scena a Nissan e Toyota, Mazda presentò contemporaneamente il prototipo MX-03 e la seconda generazione di RX-7. Mentre quest’ultima era una sportiva tradizionale, la concept aveva dimensioni generose e una carrozzeria da coupé 2+2.

Cuore rotativo 

L’estetica era improntata all’aerodinamica: il cofano motore era basso e piuttosto pronunciato, le ruote posteriori semi-carenate, lo specchietto retrovisore lato passeggero era assente e la coda sfoggiava uno spoiler integrato, simile a quello utilizzato sulla successiva Honda NSX. Il risultato era un coefficiente aerodinamico di 0,25, uno dei migliori per l’epoca, che permetteva alla concept di raggiungere i 290 chilometri orari, nonostante la potenza non fosse strabiliante.

Sotto il cofano campeggiava un classico di Mazda, un motore rotativo Wankel, per la prima volta dotato di tre rotori, per una cilindrata di 2,0 litri. Il propulsore era sovralimentato tramite un turbocompressore ed erogava 315 cavalli, scaricati a terra da un sofisticato sistema di trazione integrale, con possibilità di modificare elettronicamente la ripartizione della coppia dall’abitacolo.

Interni futuristici 

La MX-03 voleva essere una coupé prestante, con uno scatto da 0 a 100 in 4,7 secondi, ma anche lussuosa e confortevole, motivo per cui il costruttore giapponese optò per una trasmissione automatica a quattro rapporti, mentre per rendere più agile la vettura si fece ricorso alle quattro ruote sterzanti.

Ad attirare l’attenzione furono anche gli interni, improntati a uno stile futuristico: plancia rigorosamente digitale, leva del cambio simile a un joystick e volante a forma di cloche aeronautica, vicino a quello recentemente presentato da Tesla.  

L'erede a marchio Eunos 

La MX-03 rimase allo stato di concept, ma alcune delle sue soluzioni tecniche, come il propulsore tri-rotore, furono impiegate sulla quarta generazione della Cosmo, che debutto nel 1990 con marchio Eunos (il brand di lusso di Mazda). L’auto era un’esclusiva dei mercati giapponese e nord americano e, come la concept che l’aveva anticipata, si trattava di una coupé 2+2 altamente tecnologica, che si poneva all’apice della gamma del costruttore.

La Eunos Cosmo, tuttavia, ebbe risultati di vendita al di sotto delle aspettative per via del prezzo elevato e della nuova atmosfera che si respirava in patria, dove la bolla era ormai scoppiata e all’orizzonte si profilava la lunga recessione del cosiddetto “decennio perduto”.

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