Nuccio Bertone l’aveva subito battezzata “dream car”, auto da sogno. Evidentemente per l’Alfa Romeo Navajo, capolavoro del carrozziere torinese presentato al Salone di Ginevra nel 1976, l’appellativo di concept car non era sufficiente. Scultura, auto da corsa, prototipo di ricerca, provocazione. La Navajo, oggi conservata presso il Museo Alfa Romeo di Arese (Milano), è tutte queste cose insieme.
Un modello futuristico, l’ultimo realizzato sulla base dell’Alfa Romeo 33 Stradale (telaio numero 750.33.11), fuoriserie italiana prodotta dal biscione in 18 esemplari tra il 1967 e il 1969. Punto di partenza per il racconto di questo modello sono le linee nette e definite tracciate dall'allora trentottenne Marcello Gandini e l’inconfondibile profilo a cuneo, comune ad altre concept car di Bertone ed espressione di quel particolare periodo stilistico di sperimentazione pura.
Stile e tecnica
L’Alfa Romeo Navajo era un concentrato di stile e tecnica. Il telaio della 33 Stradale venne allungato per supportare una lunga carrozzeria in fibra di vetro per la massima leggerezza possibile. La vettura, lunga 3,8 metri, larga 1,86 e alta solo 1 metro, pesava appena 870 chilogrammi. Vista la natura prestazionale della Navajo, designer e progettisti giocarono con i flussi d’aria per schiacciare la vettura a terra all’aumentare della velocità di percorrenza, utilizzando spoiler e splitter attivi.
Ecco quindi spiegato il motivo tecnico, al di là della pura scenografia, di un frontale rastremato con fanaleria che scompariva all’interno dei parafanghi (una soluzione mai più esplorata) e dell’enorme alettone posteriore trapezoidale in grado di variare l’inclinazione a seconda della velocità raggiunta. La Navajo era spinta dal 2.0 V8 a iniezione meccanica da 233 cavalli di potenza, abbinato a un cambio manuale a sei marce posizionato longitudinalmente.
Interni essenziali
L’essenzialità degli interni è coerente con lo spirito di leggerezza ispiratore del progetto. L’abitacolo è composto da pochi elementi, un volante piuttosto particolare, la cui forma può ricordare quello delle Citroen dell’epoca, un cruscotto essenziale, sedili con struttura in vetroresina e inserti centrali in arancione.
La stessa particolarissima cromia scelta per colorare la fascia che circonda tutta la Navajo e che segna una netta contrapposizione con l’argento del resto del corpo vettura. Infine, il vincolo della leggerezza ha imposto ai progettisti di sostituire il logo fisico con immagini e scritte stampate che ritroviamo qua e là per la carrozzeria. I più importanti e visibili si trovano sul fianco dell’allettone: Bertone e Quadrifoglio, stile e sportività, design e competizione.