A suo agio tanto per le strade di Roma quanto tra i ghiacci del Polo Sud, la Fiat 500 del 1957 è un’auto che ha dimostrato di poter andare (piano) ovunque. Ne è una prova il fatto che nel 1964 venne scelta per gli spostamenti nella Scott Base, la spedizione neozelandese in Antartide. Si trattava di un esemplare assemblato in Nuova Zelanda, equipaggiato con una dotazione specifica per la missione.
Apprezzata ovunque
Nel 1959 la Fiat iniziò a esportare la 500 in Nuova Zelanda, dove era già presente con la 600 e con una versione commerciale della Multipla. Le richieste superarono ben presto le aspettative, complice il prezzo di sole 499 sterline, e nel 1961 la Casa torinese decise di concedere all’importatore ufficiale, Noel Turner, la licenza di assemblare in loco la vettura.
Nacque così la società Torino Motors con sede a Otahuhu, un sobborgo di Auckland. In 10 anni di produzione uscirono dallo stabilimento circa 5mila esemplari di Fiat 500, che venne soprannominata affettuosamente “Bambina” dai neozelandesi.
Inviata in missione
L’apprezzamento per la piccola Fiat fu tale che nel 1964 una di queste vetture - una 500 in allestimento D con motore da 17,5 cavalli - venne inviata presso la Scott Base, una stazione di ricerca costruita pochi anni prima dalla Nuova Zelanda sull’isola di Ross, nella parte meridionale dell’Antartide.
Agli scienziati del Department of Scientific and Industrial Research serviva un’auto per gli spostamenti e la scelta ricadde sulla 500 perché leggera e in grado di “galleggiare” sulla neve, oltre a essere facile da spingere in caso di impantanamento.
Inoltre, le ruote molto sottili affondavano nella neve quel tanto che bastava ad assicurare motricità, e il motore era raffreddato ad aria (con una temperatura che poteva arrivare a -45 gradi, il liquido di raffreddamento all’interno di qualsiasi radiatore si sarebbe congelato).
Una dotazione specifica
Inaspettatamente, la 500 si dimostrò una vettura ideale per un utilizzo così estremo. Poche furono le migliorie apportate all’auto per resistere alle avverse condizioni metereologiche: doppia batteria, scambiatore di calore, catene da neve e sospensioni rinforzate, oltre a una vernice ad alta visibilità arancione, per renderla facilmente avvistabile tra i ghiacci in caso di emergenza.
Soprannominata “Snow Kitten” (gattina delle nevi), l’auto prestò servizio per tutta la durata delle ricerche, e alla fine della campagna tornò in Nuova Zelanda perfettamente funzionante e venne rimessa in vendita.