L’idea di realizzare una piccola spider che fosse economica, divertente da guidare e bella, nasce in Fiat il pomeriggio della vigilia di Natale del 1990. Mario Maioli, allora responsabile dello stile del gruppo Fiat, ne parla con il designer greco Andreas Zapatinas, illustrandogli i così detti “punti duri”, i vincoli costruttivi ai quali i progettisti avrebbero dovuto tassativamente attenersi.
La vettura da mettere in produzione sarebbe stata una due posti dalle linee sinuose, compatta, maneggevole e i progettisti avrebbero dovuto sfruttare la piattaforma “Tipo B”, di fatto lo stesso telaio su cui verrà realizzata la prima serie della Punto, disegnata da Giorgetto Giugiaro e presentata a Francoforte nel 1993.
Marinara, Diavola, Atomica e Bismark
Lo stile della Barchetta doveva rispondere a canoni estetici indiscutibilmente italiani e al centro stile di Torino presero la cosa talmente sul serio da chiamare le proposte iniziali, frutto di una competizione interna tra giovani designer, con i nomi di alcune pizze: Marinara, Diavola, Atomica e Bismarck. Di questi quattro progetti ne arrivarono in finale due nella primavera del 1991: la Marinara proprio di Zapatinas e la Diavola di un giovane Chris Bangle, di fatto una Fiat Coupé in versione spider con quei tipici tagli sui passaruota.
Per differenziare maggiormente la gamma venne scelta la proposta di Zapatinas che, secondo il consiglio direttivo guidato dall’ingegner Cantarella, con il suo progetto aveva colto in pieno lo spirito della richiesta. La Barchetta aveva una linea sportiva elegante e non aggressiva con volumi definiti ma morbidi. Ci vollero circa quattro anni per la messa in produzione della vettura, costruita a Chivasso (Torino) negli stabilimenti della carrozzeria Maggiora.
Gli interni sono stati concepiti per essere in diretta comunicazione stilistica con gli esterni, ecco spiegato il motivo dei pannelli porta che riprendono colori e materiali della carrozzeria. Essenziale e compatta (era lunga 3,9 metri, larga 1,6 e alta 1,2), la Barchetta pesava poco più di mille chilogrammi.
Leggera e divertente da guidare
Il peso piuma le permetteva di essere prestante anche con motori dalle cilindrate contenute e non eccessivamente assetati, in pieno spirito Fiat. La Barchetta era spinta da un 1.7 benzina 16 valvole da 130 cavalli, che le permetteva di raggiungere i 200 chilometri orari con uno scatto da 0 a 100 in poco meno di 9 secondi. Prestazioni più che sufficienti per godersi una gita fuori porta a cielo aperto.
Con il fallimento della carrozzeria Maggiora nel 2002 arrivò anche la fine della produzione della prima serie. Il restyling fu ad opera della matita autorevole di Tom Tjaarda, designer americano trapiantato a Torino e autore tra le altre della Fiat 124 Spider, e la realizzazione della piccola spider venne spostata a Mirafiori fino al 2005.
La storia della Fiat Barchetta si conclude con quasi 60mila unità vendute in diversi mercati, Inghilterra esclusa: nonostante oltremanica amino particolarmente le spider sarebbe stato troppo costoso realizzare una linea ad hoc con la guida a destra.