Nella vicenda legale che ha coinvolto l’ex presidente dell'alleanza Renault-Nissan-Mitsubishi Carlos Ghosn potrebbe essere arrivato il tempo della verità.
Almeno questa è la speranza del manager – oggi riparato in Libano sua terra d'origine – che ha pubblicato un libro dedicato alla sua vicenda scritto con il giornalista Philippe Riès (insieme al quale aveva già firmato nel 2003 l’autobiografia “Citoyen du monde”) e intitolato, appunto, “Le temp de la verité”.
Il libro parte dall’arresto di Ghosn nel 2018 a Tokyo, con l’accusa di cattiva condotta finanziaria e di aver utilizzato per fini personali beni e soldi di Nissan, passando per i 130 giorni di detenzione in Giappone e arrivare poi alla fuga a Beirut. Ghosn ripete qui quanto già sostenuto dai suoi avvocati difensori, nega quindi ogni addebito, e denuncia “macchinazioni” ai suoi danni che sarebbero state ordine nei corridoi del quartier generale giapponese di Nissan.
Accuse per tutti
Nelle 473 pagine del volume, comunque, il manager cresciuto a Clermont-Ferrand non risparmia nessuno e prende di mira molti dei protagonisti della sua vicenda: lo stesso costruttore giapponese, ma anche Renault e non manca di coinvolgere i governi di Tokyo e Parigi, il sistema giudiziario del Paese asiatico e perfino i suoi primi avvocati difensori, definiti “la peggior squadra possibile”.
Sul banco degli accusati Ghosn mette innanzitutto Nissan e una parte consistente dei suoi dirigenti che avrebbero tramato alle sue spalle: a guidarli sarebbero stati il membro del consiglio di amministrazione del costruttore Masakazu Toyoda, Hitoshi Kawaguchi, ex dirigente responsabile delle relazioni con il governo, e il revisore dei conti Hidetoshi Imazu. Coinvolto anche Hiroto Saikawa, successore e accusatore di Ghosn, che a sua volta ha dovuto dimettersi dalla carica di amministratore delegato di Nissan a seguito di uno scandalo per presunti risarcimenti irregolari.
Il manager denuncia anche lo stretto, amichevole, rapporto tra lo stesso Kawaguchi e l'attuale primo ministro Yoshihide Suga, che era capo segretario di gabinetto al momento dell'arresto di Ghosn. Tirato in ballo anche l'avvocato Akihide Kumada, ex consigliere dell'allora primo ministro Shinzo Abe, che aveva stabilito contatti tra i cospiratori Nissan, il governo e i pubblici ministeri.
Le cause
Il libro sostiene la tesi che a scatenare la rivolta sarebbe stata la rielezione dello stesso Ghosn a capo della Renault col mandato del governo francese di rendere “irreversibile” l'alleanza coi giapponesi, una mossa vista come una minaccia per l'indipendenza della casa automobilistica di Yokohama.
Secondo il manager la posizione di Parigi avrebbe ignorato le conseguenze potenzialmente dannose per i rapporti con i soci asiatici. Fra i “nemici”, il libro indica anche il presidente di Renault Jean-Dominique Senard, considerato “l’aristocratico anti-Ghosn” che ha contribuito alla capitolazione del marchio francese di fronte a Nissan.
Nemici e amici
Fra i nemici Ghosn e Philippe Riès indicano anche una parte della stampa: quella francese sarebbe stata “pigra” e avrebbe attuato una campagna diffamatoria “degna di Stalin”, sostiene il libro, citando in particolare il quotidiano economico “Les Echos”. Quella giapponese avrebbe avuto addirittura contatti con i pubblici ministeri e simpatie per gli accusatori.
Tra i (pochi) amici che Ghosn invece cita per il loro sostegno c’è Thierry Bollore, ex ceo di Renault licenziato lo scorso anno, Jose Munoz, ex dirigente Nissan che ha lasciato poco dopo l'arresto di Ghosn, Thierry Breton, ora Commissario europeo, l'ex segretario generale della Renault Mouna Sepehri e alcuni diplomatici francesi.