La scelta del nuovo presidente americano è alle porte e l’esito del voto previsto per il 3 novembre è quanto mai incerto. La riconferma di Donald Trump o l’elezione dell’ex vice di Obama Joe Biden aprirebbero scenari completamente differenti per il mondo dell’auto americana. Un mondo che sta attraversando un periodo particolarmente travagliato, tra enormi investimenti per l’elettrificazione, mercati in calo (per una ricerca degli analisti di Cox Automotive, negli Usa nel 2020 si venderanno il 16% di auto in meno rispetto al 2019), la concorrenza in particolare dei cinesi e, non ultima, la pandemia di coronavirus che non accenna a mollare la presa.
A questo appuntamento l’industria Usa delle quattro ruote si presenta “più frammentata che mai”, come ha dichiarato recentemente Debbie Dingell, deputata democratica del Michigan. “La concorrenza è una cosa – ha proseguito la Dingell, un passato da dirigente alla General Motors – ma le sfide dei prossimi anni, a partire da quelle che verranno poste subito dopo le elezioni del 3 novembre, richiedono unità di intenti”.
Le scelte di Trump
In caso di rielezione dell’attuale presidente, Trump proseguirebbe senza ostacoli con la sua politica, la stessa degli ultimi quattro anni: grande difesa della industria americana, cancellazione dei limiti delle emissioni e dei consumi imposti ai tempi di Obama (pretesi nel 2008 da Washington in cambio di ricche sovvenzioni statali al settore in crisi), guerre commerciali con la minaccia se non l’imposizione di tariffe su materie prime, componenti e vetture d’importazione.
In particolare l’ira di un rieletto Trump si abbatterebbe sulla California e sulla battaglia del grande stato dell'ovest per imporre limiti alle emissioni, favorendo così contemporaneamente anche la crescita del settore dell’auto elettrica. Un argomento spinoso che ha provocato una frattura tra i costruttori: due delle grandi di Detroit, General Motors e Fiat Chrysler, insieme a Toyota, hanno sostenuto l’atteggiamento del presidente in carica. Diversa l’opinione di Ford, così come – ovviamente – quella delle Case che puntano sulla mobilità a batteria come Tesla. Che ha, però, tenuto un atteggiamento prudente sull’argomento elezioni.
Le sfide di Biden
Lo scenario cambierebbe notevolmente con la nomina a 46esimo presidente del candidato democratico. Biden sostiene la necessità di affrontare i cambiamenti climatici (di fatto negati da Trump, strenuo sostenitore dei combustibili fossili) innanzitutto con la restaurazione dei limiti sulle emissioni dell’era Obama.
In secondo luogo l’ex vice presidente darebbe una spinta concreta al mercato delle elettriche: secondo gli analisti di Bloomberg Intelligence, “una riproposizione dell’incentivo di 7.500 dollari per l’acquisto di un’auto a batteria potrebbe essere tra le prime decisioni pratiche della amministrazione Biden”.
Una vittoria democratica significherebbe anche una quasi automatica riproposizione degli stringenti limiti nei consumi delle auto nuove (54 miglia percorse per gallone di benzina) fissati da Obama e che Trump è invece – anche su pressione di buona parte dell’industria automobilistica oltre che di quella petrolifera – ha ridotto a 40 miglia per gallone.
Serve unità
Quello su cui gli analisti concordano, al di là di chi si insedierà alla Casa Bianca a novembre, è la necessità di ritrovare unità, come sostenuto anche da Debbie Dingell. In questo senso viene vista come positiva la fusione tra la Alliance for Automobile Manufacturers (rappresentante soprattutto delle Case americane) e la Association of Global Automakers (principalmente costruttori stranieri attivi nel territorio degli Usa). L’operazione ha dato vita alla Alliance for Automotive Innovation, particolarmente concentrata nel trovare una soluzione univoca contro le scelte protezionistiche basate su tariffe punitive per i prodotti stranieri e nello spingere invece lo sviluppo della mobilità pulita e autonoma. L'ultima parola spetta ora agli elettori.