Ultimo aggiornamento  02 giugno 2023 04:10

Tre mini sportive alla giapponese.

Elisa Malomo ·

Ultracompatte, manovrabili, economiche. Nate nel secondo dopoguerra per adattarsi al boom demografico e alle affollate strade giapponesi, le keicar sono caratterizzate da motori di piccola cilindrata e da più di 70 anni sono le più vendute nel Paese del Sol Levante. Tuttavia, alcuni modelli offrono – a sorpresa – prestazioni e guida sopra le righe. È il caso di quella conosciuta con il nome di Autozam Az-1 del 1992 (marchio Mazda), oggi in vendita al miglior offerente in un'asta di Bring A Trailer.

L'esemplare in questione è una coupé a due posti con guida a destra importata negli Stati Uniti dal Giappone. Rifinita in rosso con elementi inferiori color antracite, presenta una presa d'aria sul cofano, fari incassati e portiere ad ali di gabbiano che le conferiscono l'aspetto di una piccola supercar. Gli interni includono elementi degli anni novanta, come gli accessori Panasonic applicati sulla console centrale. Sotto al cofano un 12V turbo di 657 centimetri cubici di cilindrata da 64 cavalli di potenza abbinato a una trasmissione manuale a cinque velocità. 82.000 i chilometri percorsi.

Manifesto della "Bubble Era"

La storia dell'Autozam Az-1 inizia alla vigilia del Salone di Tokyo del 1989 quando un ingegnere di Madza, anche alla guida dello sviluppo della Miata, prima generazione della Mx-5, è chiamato a lavorare al design e all'ingegneria di un'auto sportiva in collaborazione con Suzuki che avrebbe fornito il propulsore. Sotto le luci della rassegna nipponica debuttano tre prototipi denominati Az-550 Sport sotto il marchio Autozam che, secondo lo schema di diversificazione del marchio Mazda dell'epoca, si concentrava su compatte e keicar. Solo uno di questi entra in produzione, destinato ad uscirne con il nome ufficiale Az-1.

Scheda tecnica alla mano, i dati della nuova mini spider non impressionano: velocità massima 140 chilometri orari e da 0 a 100 in 11 secondi. L'obiettivo non sono infatti le prestazioni quanto la guidabilità che, grazie alla leggerezza e allo sterzo veloce, viene portata al massimo. Manifesto della Bubble Era giapponese, quando le linee delle vetture vengono gonfiate da sembrare essere uscite da un manga, l'Az-1 è stato un veicolo originale e innovativo. Nota negativa, e merito del suo insuccesso, il prezzo di 1,49 milioni di yen (circa 15 mila dollari odierni) che ha posto una prematura fine alla produzione.

Piccole ma potenti

La piccola di Mazda viene creata per inserirsi nel mercato dominato dalle keicar Honda Beat e Suzuki Cappuccino, ognuna delle quali – insieme all'Az-1 – rappresenta una diversa interpretazione del concetto di auto sportiva, realizzata come pura vettura da guida, ma in miniatura.

L'Honda Beat (1991-1996) ha un passaporto italo-giapponese. Nel design c'è infatti la firma di Pininfarina che contribuisce ad alleggerire ulteriormente il peso della vettura. Niente roll bar e comandi elettronici per il tettino che si ripiega solo manualmente. Inoltre, è la prima microcar ad avere i freni a disco di serie su tutte le ruote. Il motore mantiene i numeri di quello della connazionale Az-1 eccetto per la centralina che dispone di tecnologia di derivazione Formula 1. Originale fuori, e anche dentro: il quadro strumenti ha 3 indicatori indipendenti di tipo motociclistico e i sedili sono caratterizzati da una trama zebrata, in pieno stile anni '90.

L'altra mini roadster è la Suzuki Cappuccino (1991-1998). Anche per questa due posti cabrio, il motore è un V12, 660 centimetri cubici di cilindrata e 65 cavalli di potenza, entro il limite regolamentare delle keicar, con prestazioni e numeri diversi dalle altre due “connazionali”: la velocità massima è di 185 chilometri orari e il passaggio da 0 a 100 avviene in appena 8.5 secondi. Non pochi per un'auto bonsai.

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