Non tutti gli esperimenti su quattro ruote debuttano in veste di concept car. Alcuni lo diventano solo col tempo: creati non con l'obiettivo della messa in produzione, ma spesso per lanciare un messaggio, una nuova prospettiva.
È quel che accade nel 1972 al MoMa di New York (23 maggio – 11 settembre) dove va in scena la mostra dedicata al design italiano “Italy: the New Domestic Landscape”. Qui, fra le mura del museo, la protagonista dell'esposizione è la Kar-a-sutra dell'architetto Mario Bellini, con cui esordisce una nuova concezione di veicolo, figlia della cultura hippie che sta volgendo al termine e anticipatrice della rivoluzione culturale degli anni '80 e '90.
Tuttavia, l'allusione alla sfera sessuale del titolo è solo provocatoria. “È soprattutto in questa prospettiva di spazio umano in movimento che l'automobile deve cercare il proprio ruolo, le ragioni della propria sopravvivenza positiva”, scrive l'artista in una brochure volta a sviscerare l'essenza dell'opera, ignaro che di lì a poco quella stessa scultura sarebbe stata considerata l'antesignana della monovolume, anticipando la prima di serie del segmento: la Renault Espace del 1985.
Il manifesto di un'idea
A New York, non debutta il prototipo di un'automobile ma il manifesto di un'idea. L'opera d'arte non dispone di volante, cruscotto, pedaliera. La rivoluzione sta piuttosto nelle linee spioventi del frontale, nelle dimensioni e nelle numerose combinazioni degli interni.
Imponente, squadrata, con ampie vetrate e tinta di verde. Così la scultura si mostra al pubblico incuriosito e anche un po' confuso al cospetto di quelle forme inedite. Realizzata sul telaio della Citroën Ds Maserati, e in collaborazione con Pirelli, la carrozzeria è stata curata da un team di artigiani. Gli interni, invece, sono stati messi a punto nel Centro Cassina, ancora oggi punto di riferimento per il design d'arredamento italiano.
La Kar-a-sutra di Mario Bellini si rivolge al cittadino del mondo, ancor prima che all'automobilista, ed elogia la libertà di movimento e di espressione. Quello della vettura è uno "spazio dove sia possibile entrare, sedersi - sottolinea l'artista milanese - sedersi ancora più comodi, sdraiarsi, dormire, sorridersi, conversare guardandosi, osservare il mondo esterno, goderne il sole, alzarsi in piedi, filmare in movimento, cambiare posto, sedersi di traverso, e giocare a carte, mangiare un panino e bere su un appoggio, consultare una carta, portare bambini, giocarci, portare bagagli e cose, tante cose e meno persone”.
Abitacolo “plastico”
Anche gli interni rompono gli schemi esclamando una nuova flessibilità d'uso. Come? Attraverso un massiccio uso di cuscini 60x60x25 centimetri che, disposti secondo diverse combinazioni, “sono sedili, schienali, braccioli, a formare un insieme imbottito: dalla tradizionale doppia fila di tre poltrone ai 6 posti letto, dal divano avvolgente su tre lati a posizioni vis-a-vis o trasversali al senso di marcia”.
Per "uno spazio umano mobile, destinato a riti umani e non automobilistici”. Quarantotto anni fa Mario Bellini stava forse parlando di auto a guida autonoma?