Il gruppo Jaguar Land Rover, di proprietà dell’indiana Tata, vive un stagione difficile come tutti i costruttori per gli effetti del coronavirus. Ma ha deciso comunque di accelerare il piano di tagli dei costi, puntando su un altro miliardo di sterline di risparmi entro l’anno per complessivi 2,5 miliardi (2,76 in euro). Il 31 marzo, alla fine dell’anno fiscale 2020, ha registrato perdite per 465 milioni di euro. Con outlook negativo per l'agenzia di rating Moody's, mentre nel trimestre aprile-giugno le vendite globali sono crollate del 42%.
Brexit, diesel ed elettrificazione
Virus a parte, i conti non tornano per vari motivi: da una parte pesano le incertezze della Brexit, dall’altra una scivolata sul mercato cinese, sempre cruciale per i prodotti del lusso, e la caduta del diesel, cuore delle vendite dei due marchi per altro ora impegnati in una corsa all’elettrificazione. Se per Land Rover il piano prodotti appare più definito, più complessa è la situazione di Jaguar, alla ricerca di una nuova identità. Questo dovrebbe essere uno dei primi obiettivi del nuovo ceo francese Thierry Bolloré, nomina annunciata la settimana scorsa, operativo dall’1 settembre al posto del tedesco Ralph Speth, che lascia il volante dopo un decennio restando comunque nel gruppo.
Bolloré il "divisivo" secondo Ft
Il Financial Times ha titolato un ritratto di Bolloré definendolo “The polarising sailor”, un manager divisivo che non è esattamente il miglior biglietto da visita quando si entra dalla porta principale in un nuovo gruppo. Bolloré, 57 anni, ha fatto la sua carriera nel settore automotive prima in Michelin e poi in Faurecia, approdando in Renault dove nel febbraio del 2018 viene indicato a sorpresa come numero due del gruppo francese e dunque successore di Carlos Ghosn. La nomina arriva faticosamente dopo le forti pressioni del governo francese, azionista al 15% del gruppo automobilistico, affinché Ghosn rinunciasse – in cambio del rinnovo del suo mandato per altri quattro anni - sia a una parte dei compensi (tagliati del 30%) oltre ad accettare di avere un successore, almeno sulla carta. I due, algido Bolloré quanto brillante Ghosn, in comune non hanno nulla se non che hanno mosso i primi passi in Michelin.
Boss di Renault per soli dieci mesi
“Non vivrò per sempre”, disse spavaldo Ghosn in quella occasione, senza sapere né lui né il resto del mondo che la sua carriera e quella di Bolloré avrebbero subito da lì a poco cambiamenti clamorosi. Il 19 novembre dello stesso anno, Ghosn viene arrestato a Tokyo per denunce di illeciti finanziari “scoperte” dal top management della controllata Nissan e lì finisce la sua storia: Bolloré diventa amministratore delegato di Renault subito dopo, ma lo farà per soli dieci mesi. Il presidente del gruppo, Jean Dominique Sénard, lo licenzia d’intesa con il governo: in ballo ci sarebbero state divergenze sui difficili rapporti con Nissan e forse anche sulla mancata intesa con Fiat Chrysler, finita poi nelle braccia dei rivali di Psa.
Speranze dalla Cina
Da buon bretone, Bolloré ama le barche e da marinaio esperto (nonché “polarasing” secondo la bibbia della City), avrà il suo da fare a tenere il timone di Jaguar Land Rover bene a dritta. Il gruppo ha già annunciato tagli per migliaia di posti di lavoro e spera adesso in particolare sulla ripresa del mercato cinese, “siamo cautamente ottimisti” come ha detto il direttore finanziario della controllata Tata Motors, mentre in Europa ha perso quasi il 50% delle vendite nei primi sei mesi dell’anno.