Tra le vetture che hanno segnato la rinascita dell’industria dell’auto in Germania, dopo il periodo buio della guerra e la difficile ricostruzione, alla Opel Rekord P2 spetta un posto di riguardo. Presentata al Salone di Francoforte del 1960, la tedesca si è subito rivelata uno dei modelli capaci di interpretare al meglio negli anni del miracolo economico i desideri e le esigenze della classe media (mittelklasse) emergente, vogliosa di riscattarsi anche sulle strade guidando automobili belle, spaziose e moderne.
Ampie superfici vetrate
La Rekord P2 rappresentava dal punto di vista progettuale un'evoluzione stilistica della Olympia Rekord P1 dalla quale riprendeva gran parte della meccanica e motori 1.5 e 1.7 da 50 e 55 cavalli. Si differenziava però da quest’ultima per il design, che rompeva completamente il precedente stile americaneggiante della Opel, abbandonando pinne e curve eccessive in favore di una linea più sobria e semplice, caratterizzata da ampie superfici vetrate per una migliore visibilità e una maggiore luminosità all'interno. Oltre alla parte frontale segnata dalla inedita calandra estesa in orizzontale che sostituiva la precedente di forma ovale e inglobava gli indicatori di direzione.
Cruscotto interattivo
A rendere singolare la vettura era anche l’abitacolo dove la plancia di guida montava uno dei primi cruscotti interattivi, padre alla lontana dei moderni cockpit digitali. Prevedeva un esclusivo tachimetro a nastro che cambiava colore in base alla velocità della vettura, verde fino a 50 chilometri orari e arancione fino a 100 superati i quali diventava rosso, “per consentire -spiegava la pubblicità dell'epoca- un più agevole controllo della velocità, specialmente nei tragitti urbani”.
Anche Coupé
Al debutto la Rekord P2 fu proposta nelle versioni berlina a 2 porte e Caravan (station wagon), Affiancate successivamente da una berlina 4 porte e da una variante coupé. Quest’ultima, non presente nella gamma del modello di derivazione Rekord P1, anticipò le future coupé 2+2 da famiglia della Opel che trovarono la massima espressione nella Manta del 1970. Spinta da una versione potenziata del motore 1.7, era caratterizzata dal tetto molto corto e basso e riconoscibile per l'altezza ridotta di 8 centimetri e il lunotto fortemente inclinato in avanti.