“Ho più idee di quante riesca a seguire: faccio bocconi troppo grossi da masticare”. Ovvero, il mio cervello non si ferma mai e corre sempre in avanti: parole di Elon Reeve Musk, 49 anni di Pretoria, Sud Africa, fondatore e ceo di Tesla, la Casa automobilistica 100% a batteria di cui tutti parlano e che è pronta a mettere sul mercato anche camion e pick up elettrici, ma anche di SpaceX che sogna di colonizzare Marte e oltre, della Boring Company che vuole riempire di tunnel il pianeta e della Neuralink Corporation che gioca con il cervello umano e di tante altre diavolerie.
Padre ora di sei figli (l’ultimo dal nome impronunciabile che sembra uscito dalla fantasia di Philip Dick, l’autore di “Blade Runner”), appassionato di storia antica ma sempre il primo quando si tratta di lanciare proposte innovative e provocatorie, magari via social. Insomma un personaggio fuori dagli schemi che si è raccontato in una approfondita intervista col New York Times che gli ha messo alle costole una giornalista – Maureen Dowd - che in bacheca ha un Premio Pulitzer. Nel 2016 la chiacchierata del fondatore di Tesla - alle prese allora con "problemi di crescita" e un mercato elettrico che stentava a prendere piede - con il giornale della Grande Mela fece molto parlare ed ebbe risvolti forse più drammatici ma anche in quella del 2020 gli spunti di riflessione non mancano.
Duro lavoro
Se c’è una cosa che certo Musk non fa è risparmiarsi. Nella lunga intervista – oltre a spaziare su tutti i suoi interessi - ricorda il periodo di lancio della Model 3, la “Tesla per tutti” sulla quale ha scommesso presente e futuro della sua azienda automobilistica, durante il quale ha lavorato per 120 ore alla settimana, spesso, come raccontò lui stesso, anche dormendo in fabbrica e lavorando 24 ore al giorno, sfidando i critici (in particolare interni, le polemiche con gli investitori, soprattutto quelli piccoli sono praticamente infinite) che lo davano sull’orlo della bancarotta: “Spedire 7mila auto al giorno in 40 Paesi: i problemi logistici sono stati incredibili. Abbiamo anche fatto degli errori in quel processo, ma ne siamo usciti”.
Usciti molto bene, tanto che uno dei suoi rivali in affari – il ceo di Volkswagen Herbert Diess – ne ha (di nuovo) tessuto le lodi. “Musk ottiene risultati che nessuno riteneva possibili. In 10 anni la più grande azienda del mondo si occuperà di mobilità: potrebbe chiamarsi Volkswagen, Apple o Tesla”, ha scritto il manager di Wolfsburg riferendosi anche alla quotazione mostruosa dei californiani: 281 miliardi di dollari, roba da far impallidire gli 86 miliardi del gruppo tedesco che pure vende più auto di tutti e che Musk sfiderà anche a casa sua, visto che sta costruendo la seconda fabbrica fuori dagli Usa – dopo Shanghai – proprio a Berlino.
In prima linea
Per inseguire le proprie idee, Elon Musk non ha problemi a scendere in campo in prima persona: come quando ha sfidato le autorità californiane ad arrestarlo perché lui – lockdown o no – avrebbe riaperto la fabbrica in California e ripreso a costruire auto. Una sfida che gli ha guadagnato un “bravo” da parte del presidente Trump, con il quale i rapporti non sono sempre stati facili, e molte critiche soprattutto per aver utilizzato la metafora della “pillola rossa” (quella che fa scoprire tutta la verità, citazione della saga di “Matrix”) che avrebbe dovuto "aprire gli occhi degli americani" e che negli Usa è diventata strumento di propaganda delle organizzazioni di destra, anche estrema.
Sulla sua posizione politica Musk – e forse non potrebbe fare diversamente – si tiene sul vago, lui che ha versato soldi sia nelle casse dei candidati repubblicani che dei democratici e in passato ha raccontato di aver “ammirato Obama e aver passato 6 ore in fila per potergli stringere la mano”, ma che è stato definito dall’attuale inquilino della Casa Bianca, “uno dei geni del nostro tempo”. Ammirazione tornata a crescere all’annuncio che la prossima fabbrica Tesla la aprirà ad Austin in Texas (dove Trump prende una marea di voti) alla quale Trump ha reagito scrivendo, “grande lavoro! Made in the Usa”.
I due si sono sfiorati – “ma non parlati direttamente”– anche al recente lancio del razzo di SpaceX che ha portato gli astronauti alla stazione orbitante. Quanto al candidato democratico Joe Biden, il manager dichiara di non conoscerlo bene – ma condivide alcune delle perplessità circa le sue capacità mentali – e non manca di sottolineare la sua amicizia con un altro pretendente al ruolo di guida della nazione, il rapper Kanye West al quale, però, “ho consigliato di aspettare il 2024”.
Paura del robot
Per allora Musk si augura anche che non ci siano altri problemi, ben più gravi. Stranamente, infatti, il più visionario degli imprenditori americani ha paura. Dei robot. O meglio dell’intelligenza artificiale più intelligente dell’uomo, come quello che il laboratorio di Demis Hassabis a Londra e di proprietà di Google. “Quello che stanno facendo lì è come la trama di “War Games”, un cervellone capace di superare l’uomo in tutto”. Cinque anni è il limite oltre il quale non si riesce a prevedere che cosa possa accadere: “Per allora le macchine faranno ogni cosa meglio degli umani. Non dico che allora sarà la fine, ovviamente, ma potrebbero esserci dei problemi”.
Un pensiero che Musk condivide con la terza moglie (una delle precedenti, Talulah Riley, sposata due volte) madre del suo sesto figlio X Æ A-Xii, definito da Elon “una macchina che mangia e evacua”), la performer Claire Boucher, più nota col nome d’arte di Grimes e anche con il semplice appellativo di “c,” che è l’iniziale del suo nome e anche “il simbolo della velocità della luce”. Con lei “in casa si parla spesso di queste cose”, insieme ai tanti altri interessi che Musk coltiva, come quello per il condottiero mongolo Gengis Khan e per la storia dell’antica Roma o i fumetti giapponesi “anime”, protagonisti - questi ultimi – del suo “tweet” più di successo.
Già perché non si può scindere l’imprenditore di Tesla e tutto il resto dall'Elon Musk presentissimo sui social. Tanto presente da avere parecchi guai, come quando ha parlato di avere da parte i soldi necessari per far uscire Tesla dalla borsa ( 420 milioni, in realtà erano 419, ma gli è sembrato carino arrotondare anche perché il 20 aprile – gli anglosassoni nello scrivere le date mettono il mese prima del giorno a differenza nostra – è il compleanno di Grimes) che gli è costato 20 milioni di dollari di multa e la carica di presidente per almeno tre anni.
Twitter sì (“ma può bruciarti il cervello”), Instagram ni ( “ho un account ma lo uso solo per vedere quello che mi inviano in privato degli amici”), ma niente Facebook, dove ne Tesla e Space X sono più presenti. “Credo che Mark Zuckerberg debba lavorare tanto per ricreare un clima di fiducia”. Anche con l’altro super ricco Jeff Bezos i rapporti, specie quelli virtuali, non sono buoni dopo che il patron di Amazon si è comprato un’azienda di guida automoma e la Blue Origin per entrare in concorrenza con SpaceX per i viaggi spaziali e Musk lo ha definito “un copione” per poi temperare i toni e dire “vanno troppo lenti, ma apprezzo quello che stanno facendo”.
Sempre più veloce
A proposito di andare lenti, i progetti futuri di Musk - oltre naturalmente alle auto, il suv Model Y, la Roadster, il pick up Cybertruck e il camion Semi - sono sempre più veloci: l’Hyperloop per spostare le persone tra New York e Washington in mezz’ora, lo spazioporto per i viaggi che porterebbero in 39 minuti dagli Usa alla Cina, Marte e forse Giove. Per non parlare delle infinite – e alquanto inquietanti – applicazioni delle ricerche sulla rete neurale di Neuralink. I tanti mondi di un uomo che da giovane divorava “La guida intergalattica per autostoppisti” dell’inglese Douglas Adams e che oggi la fantascienza la vuole vivere davvero, invece di limitarsi a leggerla in un libro.