I punti di ricarica per veicoli elettrici accessibili al pubblico nel mondo sono 862.118, in crescita del 60% nel 2019 rispetto all’anno precedente. Si tratta dell’aumento percentuale più consistente degli ultimi tre anni, di gran lunga superiore a quello registrato nelle vendite di auto a batteria. Nel complesso le colonnine “lente” (quelle che forniscono una potenza fino a 22 chilowatt) sono il 69% del totale.
La statistica arriva dalla Iea - l'Agenzia internazionale dell'energia - che, nel suo annuale rapporto “Global EV Outlook” sottolinea come il 60% di queste infrastrutture si trovi in Cina, il più grande mercato automobilistico del mondo che, si legge nel testo, “continua a guidare l'implementazione di caricabatterie accessibili al pubblico, in particolare di quelli veloci, adatti alle sue popolose aree urbane dove è minore la possibilità di ricaricare in aree private”.
Il rapporto dell’Iea indica anche i principali fornitori di questo servizio: Tesla, la multinazionale anglo-olandese Shell, la francese Engie, la tedesca E.ON, ChargePoint i cui azionisti includono Daimler, Bmw e Siemens e il gruppo Volkswagen.
I costruttori: più investimenti pubblici
Proprio perché i numeri indicano una tendenza positiva, l’Europa ha bisogno di una nuova politica di incentivazione alla diffusione dei punti di ricarica, chiedono l’Acea, l'associazione dei produttori di auto del Vecchio continente, ed Eurelectric, l’associazione di settore che rappresenta gli interessi dell’industria elettrica continentale. Perché qui siamo in ritardo.
Le due organizzazioni hanno accolto con favore l'attenzione rivolta alle infrastrutture per i veicoli a batteria contenuta nel piano della Commissione europea per la ripartenza dopo la pandemia di Covid-19 che ha confermato l’intenzione di finanziare la nascita di 1 milione di punti di ricarica. Entrambe però sottolineano anche come questo obiettivo facesse già parte del Green Deal europeo e fosse comunque ben al di sotto di quanto necessario. Secondo i calcoli della stessa Commissione, entro il 2030 l’Europa avrà bisogno di circa 2,8 milioni di punti di ricarica aperti al pubblico, 15 volte più di quelli attuali.
Guardando al mercato
Il settore auto e quello della elettricità chiedono innanzitutto la revisione in chiave più ambiziosa della direttiva sulle infrastrutture per i combustibili alternativi (Afid) adottata dall’Unione europea nel 2014 e considerata “obsoleta” e “non in in linea con lo sviluppo tecnico dei veicoli”.
La richiesta è quella di un approccio molto più ambizioso per la realizzazione di punti di ricarica e stazioni di rifornimento (anche per i mezzi idrogeno) così da favorirne una diffusione capillare e che vada di pari passo con un sempre crescente mercato delle auto a zero emissioni.
In particolare Acea sottolinea l’importanza di politiche a sostegno al rinnovo delle flotte. "Dobbiamo assistere a una rapida crescita delle infrastrutture per dare ai consumatori la sicurezza di uscire e acquistare un veicolo elettrico, garantendo così un ricambio nel parco circolante in senso ecologico", ha commentato il direttore generale dell’associazione Eric-Mark Huitema.