Tempi duri per Nissan, che a chiusura di un anno fiscale al 31 marzo in cui le vendite sono crollate del 13,2% (fino a 4,8 milioni di unità) e con la prima perdita operativa dopo 11 anni, presenta il suo nuovo piano di ristrutturazione. Dopo le controverse uscite di scena dell’ex numero uno Carlos Ghosn e del successore Hiroto Saikawa, e dopo l’epidemia di coronavirus che ha ulteriormente aggravato la posizione finanziaria della Casa, la cura si annuncia drastica: un taglio del 20% nella gamma e nella produzione, che porterà alla chiusura di due stabilimenti, tra cui quello di Barcellona.
Ridurre la capacità produttiva
Sono tre i capisaldi di cui si compone il piano di ristrutturazione della Casa giapponese. Anzitutto il ceo Makoto Uchida, entrato in carica a gennaio, ha prospettato un taglio della capacità produttiva, che sarà ridotta del 20% fino a raggiungere i 5,4 milioni di unità nel 2023.
Un modo per razionalizzare la produzione e concentrarsi sui mercati e i segmenti più profittevoli piuttosto che sui volumi di vendita. L’effetto sarà tuttavia la chiusura dello stabilimento indonesiano e di quello a Barcellona, che impiega circa 2.800 persone. Rimane aperto l’impianto britannico di Sunderland, che diventa il principale centro di produzione europeo del costruttore per i suoi suv. Previste inoltre “ottimizzazioni” per gli impianti nord-americani, con il possibile accorpamento di alcuni siti minori.
Tagliare la gamma
Oltre al portfolio marchi, che ha da poco visto l’eliminazione del brand Datsun, anche quello modelli riceverà una sforbiciata del 20%, che farà passare la gamma da 69 a 55 auto. Cambierà la composizione della line-up, dove scompariranno quasi del tutto le vetture di piccole dimensioni (eccetto che nel mercato giapponese) per lasciare il posto a un numero maggiore di suv e crossover. Salve le sportive, che continueranno a costituire parte integrante dell’offerta di Nissan.
Coerentemente con le nuove linee-guida dell’Alliance con Renault e Mitsubishi, la Casa si concentrerà nei segmenti C e D, oltre che nella produzione di veicoli elettrici. Nei prossimi 18 mesi debutteranno 12 modelli inediti, mentre le nuove auto elettriche saranno 8 entro il 2023. Tra queste, almeno una arriverà sicuramente anche in Europa e sarà un suv a batteria basato sulla concept Ariya, vista allo scorso Tokyo Motor Show. Prevista anche una kei-car completamente elettrica per il mercato giapponese. Come risultato, la Casa prevede che fra quattro anni le vetture elettrificate conteranno per il 60% delle sue vendite, rispetto all’attuale 25%.
Concentrarsi su determinate aree geografiche
Infine, Nissan punterà su un’area geografica di riferimento, che corrisponde al mercato giapponese, a quello cinese e a quello nord-americano. La Casa non abbandonerà Europa, Sud-Est Asiatico e America Latina, ma per la sua presenza in queste aree si affiderà soprattutto all’Alleanza, cercando di massimizzare le sinergie tramite modelli realizzati in stretta collaborazione con i partner Renault e Mitsubishi.
“Il nostro piano di trasformazione mira ad assicurare una crescita sostenibile, piuttosto che una eccessiva espansione delle vendite” ,ha dichiarato l’amministratore delegato Makoto Uchida. “Ci concentreremo sui settori in cui siamo più competenti e innalzeremo la qualità e la modernità delle nostre auto, portando l’età media della gamma a meno di 4 anni. Le leve per ripartire saranno la disciplina finanziaria e l’incremento della profittabilità per ogni singolo modello”.
Tornare a fare profitti
Grazie a queste misure il costruttore prevede di arrivare a risparmiare 2,5 milioni di euro nei costi fissi, e a raggiungere una quota di mercato a livello globale del 6% nel 2023, rispetto all’attuale 5,8%, mettendo al sicuro la sua posizione di secondo brand giapponese al mondo dopo Toyota. In seguito ai risultati negativi dell’ultimo anno, infatti, la Casa vede insidiata la sua posizione da Honda, rispetto a cui mantiene un vantaggio di sole 1.600 unità vendute.
Il principale obiettivo rimane tuttavia tornare a fare profitti. Nel 2019 la Casa ha registrato una perdita operativa, la prima dal 2009, di 341,5 milioni di euro, che rappresenta un margine negativo dello 0,4% (l’anno precedente era di +2,7%). Il costruttore non si espone in previsioni per quanto riguarda il 2020, limitandosi a stimare un ulteriore crollo tra il 15 e il 20% nelle vendite globali, a causa degli effetti del coronavirus. La speranza è quella di riportare i margini di profitto al 2% nel 2021, per poi superare il 5% nel 2023.