Il crollo della domanda di petrolio dovuto alla pandemia da Covid-19 ha messo in grave difficoltà l'industria del settore. Così ExxonMobil ha annunciato che taglierà gli investimenti del 30%, Total del 20%, mentre Eni del 25% (pari a 2 miliardi) per il 2020 e del 20-35% per il 2021 (2,5-3 miliardi).
Secondo gli analisti, il settore è di fronte alla sfida più difficile del secolo: gli effetti negativi della pandemia si sono aggiunti a quelli derivati dalla emergenza climatica per la quale i combustibili fossili erano già sotto accusa. Tutto questo mentre cambia la mobilità: per un settore già alle prese con la transizione energetica, con le rinnovabili pronte a diventare la fonte più utilizzata al mondo entro il 2050 - data fissata da molte società del settore per il definitivo abbandono del greggio - l'industria del petrolio potrebbe essere arrivata a un punto di svolta.
Come si muove
Total ha annunciato di voler raggiungere le zero emissioni entro il 2050. Un altro obiettivo è la riduzione del 60% dell'intensità media di carbonio emessa dai prodotti energetici usati in tutto il mondo dai clienti, sempre entro il 2050, con passaggi intermedi del 15% entro il 2030 e del 35% entro il 2040.
Eni ha fissato come meta del suo piano strategico il 2050, e punta principalmente sulla progressiva sostituzione del petrolio col gas naturale: da una fonte fossile a un'altra, seppur di minor impatto ambientale. La compagnia a livello comunicativo si impegna a promuovere un'immagine ecosostenibile ma gli investimenti previsti fino al 2023 per l'esplorazione e la produzione di idrocarburi rappresentano ancora il 74% del totale.
Q8 ha dichiarato di non essersi mai fermata durante l'emergenza Covid, pur avendo risentito di pesanti contraccolpi a causa delle misure del lockdown. Per quanto riguarda le politiche ambientali della società ricordiamo l'inaugurazione in febbraio dell'area di servizio Villorese est sull'A8 Milano-Varese: nove punti di distribuzione di carburanti alternativi, due impianti di erogazione Gpl, altrettanti per il metano e due strutture per la ricarica dei veicoli elettrici in modalità "fast charge".
L'impianto - realizzato con materiali riciclabili - rientra nel progetto Cre8 (Creating the station of the future), finanziato dall'Unione europea attraverso fondi del programma Connecting Europe facility.
Cosa succede negli Usa
Negli Stati Uniti il numero di trivelle attive ha toccato il livello più basso degli ultimi nove anni, è sceso sotto le 300 unità. Per le compagnie non è rimasta alternativa alla chiusura dei pozzi di fronte alla tempesta che ha portato i prezzi del petrolio in negativo: stop agli investimenti, sospensione delle estrazioni e congelamento delle esplorazioni. Tutta colpa di quanto accaduto il 20 aprile, con l'indice americano Wti sceso fino a quotare -37 dollari, perdendo oltre il 300% del suo valore in una sola seduta.Un crollo durato solo un giorno che ha lanciato un segnale chiaro: il mondo del petrolio post coronavirus non sarà più lo stesso.
Cambia lo stile di vita
Oltre al repentino calo della domanda con la fine dell'emergenza, cambieranno gli stili di vita, dai trasporti al turismo, alle abitudini di lavoro con una larga fetta della popolazione che adotterà lo smart working. In Usa come nel resto del mondo.
"La domanda da farsi in questa fase, per fare previsioni attendibili, è cosa succederà ora che la fase più severa del lockdown è terminata - spiega Massimo Nicolazzi, docente di Economia delle Fonti energetiche all'Università di Torino - saranno i nuovi stili di vita a condizionare l'economia: pensiamo alle società che si interrogheranno se vale ancora la pena organizzare edifici enormi per i propri uffici. Anche i consumi di petrolio dipenderanno da tutto questo".