Licenziamenti, titoli in borsa in calo, cause in tribunale e un futuro quanto mai incerto: il business del ride hailing – servizio di taxi con auto private, molto attivo particolarmente negli Usa – oggi è in grave crisi. La pandemia di coronavirus ha di fatto fermato le attività il mese scorso, colpendo pesantemente anche i grandi nomi del settore – Uber e Lyft – già alle prese con la volatilità dei mercati e con problemi legali con i drivers.
Le aziende hanno annunciato tagli massicci di personale: 3.700 i dipendenti di Uber che stanno per perdere il posto (il 14%), centinaia per Lyft dopo i quasi mille che già hanno fatto le valigie, in totale il 17% della forza lavoro. I dirigenti hanno ridotto i loro compensi. Ed è prevedibile che nel post "lockdown", sebbene ci siano i primi segnali di ripresa, in molti preferiranno il mezzo privato per muoversi rispetto a quelli in condivisione, così come crescerà la concorrenza di mezzi mobilità individuale dalla bicicletta all'e-scooter.
Le trimestrali
Uber ha presentato i numeri del primo trimestre 2020. Sono saliti i ricavi - che hanno raggiunto i 3,5 miliardi di dollari (erano 3,1 nello stesso periodo del 2019) ma le perdite sono più che raddoppiate e hanno toccato i 2,9 miliardi. Il tutto si è subito riflettuto nella quotazione azionaria, con il titolo che nell'"after hour" a Wall Street ha perso quasi il 3%, dopo il rally positivo del giorno precedente. A salvare - parzialmente i conti la divisione Uber Eats, che ha visto impennare le prenotazioni, cresciute del 52% e arrivate a 4,7 miliardi di dollari.
Per Lyft la crisi vera è cominciata in aprile con il "lockdown", dopo i primi tre mesi del 2020 con ricavi in salita del 23% per 955,7 miliardi di dollari, una flotta in crescita del 3% e con ogni conducente che aveva migliorato il proprio fatturato del 19%.
Il giorno peggiore è stato il 12 aprile, con un calo complessivo dell’attività che ha superato l’80%. Ora qualcosa si sta muovendo. Lyft ha dichiarato una ripresa dell’attività in alcune delle principali città statunitensi: +22% a New York, 25% ad Atlanta, 35% a Chicago, 39% a New Orleans. Nonostante questi numeri, però, le previsioni per il secondo trimestre 2020 restano fosche: il margine operativo lordo dovrebbe registrare un saldo negativo per 360 milioni di dollari.
La quotazione di Lyft in borsa a New York è cresciuta dopo la pubblicazione dei numeri trimestrali fino a +17% ma restando comunque quasi alla metà del valore originario del 2019, quando la società è stata quotata e ogni azione valeva 72 dollari.
Gli altri guai con la legge
Le due aziende sono poi sempre nel mirino per il rapporto con i drivers. E’ di pochi giorni fa la notizia che entrambe sono state citate in giudizio da Xavier Becera, l’Attorney General della California e dai procuratori di San Francisco, San Diego e Los Angeles per non avere concesso un periodo retribuito di malattia e altri benefit che spettano normalmente ai dipendenti ai loro conducenti, considerati solo collaboratori.
Lyft ha scelto di lavorare insieme con la giustizia per trovare un accordo. Uber ha fatto sapere che si opporrà a ogni possibile riconoscimento. Le due società si sono difese confermando di aver chiesto al Congresso Usa di inserire i guidatori fra quei lavoratori che possono godere del sostegno federale in questo momento di crisi occupazionale per la pandemia, benefici che sono riservati proprio ai dipendenti fissi.